Attraverso la storia dei genitori, un viaggio nell’infanzia
di 3P che nacque nella parte più povera di Brancaccio, gli “Stati Uniti”. Per
capire meglio la sua formazione e come sbocciò la vocazione di sacerdote.
L’importante influsso della madre Giuseppina con la sua grande devozione
mariana.
Carmelo Puglisi e la moglie Giuseppina Fana con i figli Gaetano, Nicola e (in primo piano) il piccolo Pino |
Per arrivare a Brancaccio, ai tempi di padre Puglisi,
bisognava superare due passaggi a livello. Una distanza non solo fisica ma soprattutto psicologica. Ancora
adesso molti che dal quartiere si mettono in cammino verso il centro di Palermo
dicono: "Scendo in città".
Oltrepassati i binari dei treni, si entra negli "Stati
Uniti", la parte più povera di Brancaccio. La zona è chiamata così perché -
negli anni precedenti alla seconda guerra mondiale - ospitava i ferrovieri che
per lavoro si erano trasferiti a Palermo da altre parti della Sicilia o da
altre regioni italiane. Uomini che parlavano dialetti diversissimi dai
contadini di Brancaccio ed erano per loro come un pugno di stranieri arrivati
dagli Stati Uniti. Qui si trova il cortile Faraone dove, al numero 8, Pino
Puglisi trascorse i primi anni dell'infanzia con la famiglia, a ridosso dei
binari della ferrovia.
La prima comunione |
Sui treni si guadagnava da vivere come ferroviere il nonno
di "3P". Nel suo andirivieni da Palermo per l'Isola, era a Corleone
quando nacque il figlio Carmelo, il 26 ottobre 1907.
Un altro trasferimento di lavoro portò la famiglia Puglisi nel
Messinese (Piraino) e lì sbocciò l'amore del giovane Carmelo con Giuseppina
Fana, nata il 17 giugno 1906, orfana di madre. Dopo il matrimonio tutti insieme
tornarono a Brancaccio. Giuseppina diede alla luce in casa il primogenito
Gaetano (1930), poi Nicola (1932 - scomparso a soli 16 anni per una malattia) e
attendeva la nascita di Giuseppe per la fine di settembre del '37. Ma, a
differenza dei primi due, il terzo parto fu molto travagliato. Dopo il
trasferimento in tutta fretta dal cortile Faraone all'Ospedale dei Bambini, i
medici - preoccupati per la posizione del cordone ombelicale - decisero di
ricorrere al forcipe, a costo di una cicatrice sulla tempia del neonato. Nel
’45 nacque infine Francesco, il quarto figlio.
Carmelo Puglisi era burbero ma col cuore d'oro, Giuseppina
mite ma inflessibile, con una grande devozione per la Madonna. Avevano studiato
poco ma sapevano bene che per i loro figli sarebbe stato importante avere piu'
dimestichezza con i libri. Per iniziare insieme la giornata in pace col
Signore, alle sei di mattina la coppia andava alla novena nella chiesa di San
Gaetano (dove Pino sarebbe diventato parroco nel 1990).
Dopo la preghiera, Carmelo sgobbava tutto il giorno in un
calzaturificio, la moglie arrotondava il magro bilancio familiare con qualche
lavoretto da sarta. Il piccolo Giuseppe si era ripreso rapidamente dopo il
parto, anche se rimaneva di costituzione esile. Dalla madre aveva ereditato il
sorriso fresco e coinvolgente, gli occhi con riflessi verdi, lo sguardo caldo e
affettuoso. Dal padre le orecchie a sventola e il carattere irruento e
introverso. Anni dopo, "3P" ancora ricordava che da giovane si era
imposto di contare da uno a cento ogni volta che sentiva sfuggirgli la
pazienza. Lavorando col genitore, Pino imparò presto come si cambia il tacco di
una scarpa, anche se le sue mani - a forza di tirare suole e tomaie - col
passare del tempo divennero troppo grandi, quasi sproporzionate. Accanto alla
madre capì l'abilità che si nasconde dietro un orlo ben fatto. Da lei ebbe la
prima educazione religiosa e la spinta verso una dirittura morale senza
compromessi. La madre preferiva non forzarlo ma in cuor suo pregava
all'insaputa dei figli perché almeno uno potesse servire il Signore da
sacerdote.
Furono anni di vita umile ma calda di affetti familiari. La
delicatezza di Pino e il rispetto per i familiari - ai genitori si dava ancora
del "lei" - traspaiono dai biglietti, dagli appunti di quegli anni.
Eccone uno, rivolto alla signora Giuseppina: "Nel suo giorno onomastico le
auguro tutto ciò che l'amore di figlio può augurare alla propria madre: il
compimento di ogni sua speranza. La abbraccio, il suo affezionatissimo figlio
Pino".
Dopo la guerra la famiglia Puglisi si era trasferita in via
Messina Marine 109, sul lungomare di Palermo. La mamma alimentava sempre la
speranza di poter offrire un figlio al Signore. Per lei un tuffo al cuore era
stata una visita nella chiesa di San Giovanni Bosco di Ernesto Ruffini, che dal
'46 era arcivescovo a Palermo. Il cardinale aveva intravisto Pino attorniato
dai bambini della parrocchia e a bruciapelo gli aveva chiesto: "Perché non
ti fai prete?". Rispettosa ma laconica la risposta: "Almeno per ora
non ho questa intenzione". La goccia che fece traboccare il vaso cadde
nell'animo di Pino alla fine di una messa in Cattedrale, un giorno di primavera
del 1953. Il giovane, quindicenne, aveva accompagnato i ragazzini della
parrocchia. Salutò monsignor Francesco Guercio, assistente diocesano
dell'Azione cattolica. E quello: "Ma ci hai mai pensato a farti
prete?". Stavolta una risposta diversa – il Sì che gli avrebbe cambiato la
vita - sgorgò dal cuore.
Pino Puglisi sotto braccio con i genitori e gli altri familiari nel giorno dell'ordinazione |
In famiglia la richiesta di Pino scatenò gioia e qualche
preoccupazione economica risolta con l’aiuto di Gaetano, che già lavorava, e di
altri amici (il parroco Calogero Caracciolo). Il padre lo lasciò libero di
decidere, la madre si sciolse in lacrime per la felicità.
Carmelo Puglisi morì il 20 febbraio 1992 a 84 anni. Nella sua
casa di piazzale Anita Garibaldi "3P" lo aveva assistito da solo,
pazientemente, da quando, cinque anni prima, il 26 gennaio 1987, era scomparsa
sua madre Giuseppina. Dopo i funerali del padre avevamo visto "3P"
piu' sereno. Era lieto, probabilmente, di mettere in gioco a Brancaccio solo la
sua vita, senza rischiare di lasciare solo l'anziano padre. Col passar del
tempo il carattere un po’ burbero di Carmelo Puglisi si era smussato e padre
Pino cercava di conciliare i suoi tanti impegni con la necessità di tornare a
casa per preparare da mangiare al genitore, non sempre autosufficiente: una
volta, rovistando in un armadio, se l'era tirato addosso ed era rimasto per terra,
prigioniero del mobile ribaltato fino all'arrivo del figlio.
Moltissimo padre Pino aveva sofferto dopo la morte della
madre: "Se ne andò con tranquillità, ringraziando il Signore anche tra le
sofferenze fisiche che la tormentarono negli ultimi anni - raccontò una sera 3P
a casa mia -. Mi prese un dolore indicibile, che mi accompagnava lungo tutta la
giornata”. Ma col tempo la situazione cambiò: “Poi, a poco a poco, - spiegava
padre Puglisi - cominciai a sentire la mancanza in modo diverso, meno acuto. E
alla fine sentivo la sua presenza accanto a me, una presenza che mi seguiva
nelle decisioni, anche nei momenti meno felici. Eravamo di nuovo insieme nello
spirito". E sicuramente sono insieme anche oggi…
Pino con la madre e il padre |
Ci sono persone illuminate e saggie che portano avanti le idee ,di SANTI ,EROI e GRANDI PENSATORI ......come quelle del BEATO Don Pino Puglisi .Un saluto a tutti !
RispondiEliminaRosme Roma
Brancaccio oggi è diversa da un trentennio fa. Grazie a don Pino Puglisi, che ha fatto il prete per la gente e con la gente. Veglia sempre sulla tua Palermo.
RispondiEliminaMuoino gli ideali non le idee
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