Il Vangelo, la mafia, le periferie. Raccogliere memorie e
testimonianze, riflettere sul
cammino della Chiesa e della società civile
Ma chi era davvero padre Pino Puglisi, il parroco di Brancaccio ucciso dalla mafia il 15 settembre 1993? Un uomo dalla fede incrollabile e un maestro di spiritualità, un educatore dei giovani e un punto di riferimento per le famiglie. Ma anche un prete di frontiera che, per non tradire la fedeltà al Vangelo, seppe portare avanti le sue scelte in un territorio dominato dalla mafia. Fino all’estremo sacrificio. Il 25 maggio del 2013 la Chiesa lo ha riconosciuto come martire e proclamato beato.
Il giorno in cui l'ammazzarono, padre Puglisi se lo
aspettava. Come nel romanzo di Garcia Marquez, la sua fu una morte annunciata.
Accolse i suoi carnefici con un ineffabile sorriso, sotto casa. E disse proprio
così: "Me lo aspettavo". E infatti aveva già subito minacce di morte,
lettere anonime, danneggiamenti, aggressioni. Avevano bruciato le porte di casa
a tre volontari dell'associazione intercondominiale che l'aiutava in parrocchia.
Lui aveva commentato: "Non ho paura di morire se quello che dico è la
verità". Entrambi gli assassini, Salvatore Grigoli e Gaspare Spatuzza,
sono oggi collaboratori della giustizia. Hanno raccontato quell'ultimo sorriso
e oggi dicono che, stravolti da quel ricordo, si sono convertiti.
La Chiesa di Palermo ha levato la sua voce per rileggere e
interpretare quel delitto sconvolgente. E lo ha fatto con il linguaggio che le
è proprio, quello alto della profezia. Il sacrificio di don Giuseppe Puglisi non
fu una storia di quartiere, né una vendetta privata per uno sgarro.
Il decreto firmato dal Papa sancisce che padre Pino è un
martire, che ha sacrificato la sua vita per non rinnegare la sua fedeltà al
Vangelo. Che contro di lui si è scatenato l'odium fidei, l'odio per la sua fede
da parte dei mafiosi. Don Giuseppe Puglisi è un martire. Come gli antichi
cristiani che si immolavano nel Colosseo, come i missionari trucidati nel cuore
dell'Africa.
Che cosa vuol dire tutto ciò? E' il semplice omaggio della
Chiesa a un sacerdote coraggioso? Oppure è - come alcuni sussurrano - il frutto
della volontà di imbalsamare il piccolo prete di Brancaccio? Si vuole solo
renderlo un santino?
Niente di tutto questo. Per la Chiesa cattolica il martirio
è un dono di Dio a tutta la comunità, un seme che ha dato e darà frutti
rigogliosi. Nei momenti più bui della storia Nostro Signore sceglie uomini di
fede per dare segni di speranza. Come padre Massimiliano Kolbe ad Auschwitz, il
francescano che donò la sua vita per salvare un altro prigioniero del lager.
Una luce nel buio della Guerra Mondiale.
Per questo, secondo le leggi della Chiesa, il martirio è una
beatificazione che viene proclamata senza l’accertamento di una guarigione
inspiegabile. E’ il dono della vita, l’effusione del sangue per non rinnegare
la propria fede che prende il posto del miracolo.
Tra il '92 e il '93 l'Italia era scossa da stragi e da
profonde inquietudini. Prima Falcone, poi Borsellino, poi gli attentati tra
Roma, Milano e Firenze. Giovanni Paolo II aveva fatto sentire la sua voce nella
Valle dei Templi con l'anatema contro i mafiosi di portata storica, rimasto
nella memoria di tutti: “Convertitevi! Un giorno verrà il giudizio di
Dio!”. A Brancaccio anche Don Puglisi
aveva ascoltato quelle parole e si era sentito rinvigorito nella sua missione.
Come dimostrano le sentenze ormai definitive, lo stesso gruppo di fuoco al
comando dei fratelli Giuseppe e Filippo Graviano piazzò le bombe dell'estate
del '93 contro gli Uffizi a Firenze e le Chiese a Roma. E poi, il 15
settembre, eliminò il sacerdote che, con
la forza della fede e del Vangelo, aveva provocato nel quartiere-simbolo del
dominio mafioso il cambiamento delle coscienze.
Apprendiamo dalle intercettazioni in carcere che Salvatore
Riina, il capo dei capi, di Puglisi pensava proprio questo: “Il quartiere lo
voleva comandare iddu. Ma tu fatti il parrinu, pensa alle messe, lasciali stare…il
territorio…il campo…la Chiesa…lo vedete cosa voleva fare? Tutte cose voleva
fare iddu nel territorio…”. Ed è tale l’odio per un sacerdote “che interferisce”
da proferire minacce di morte anche per don Luigi Ciotti, il fondatore di
Libera, un altro “parrinu” che non si limita “a farsi le messe”, ma è impegnato
da anni sul fronte dell’evangelizzazione, dell’aiuto agli ultimi e anche nelle
campagne per il sequestro dei beni.
Qual è allora il valore di questo martirio? L'accertamento è
una prova di maturazione e crescita per la stessa Chiesa, un punto di svolta.
Riconoscere don Puglisi come martire vuol dire che tutti i mafiosi sono -
finalmente - gettati fuori dal Tempio, occupato abusivamente e subdolamente con
tanto di santini bruciati e bibbie del padrino e processioni asservite al boss
di turno (gli esempi sono recenti e pure le parole di Papa Bergoglio!)
Vuol dire applicare concretamente il principio, già espresso
nei documenti dei vescovi siciliani subito dopo il delitto Puglisi, che mafia e
Vangelo sono incompatibili. Riscattando nel sangue del parroco di Brancaccio un
passato dove non si possono negare le sottovalutazioni e le mancate denunce.
Non si può essere insieme cristiani e mafiosi. Don Puglisi
viene ucciso per odio alla sua fede da un'altra chiesa, da un'altra religione,
la religione della violenza che non tollera la vista del testimone dell'Amore
di Cristo. La religione che ha messo il
padrino al posto del Padre. Il martirio si definisce anche come un "dono
di Dio" alla comunità che lo riceve. Appare chiaro, allora, qual è il dono
portato da don Puglisi, col suo sacrificio annunciato, alla sua Palermo.
Questo è l’obiettivo del blog “Beato Padre Puglisi” che
state leggendo. Spiegare chi era davvero don Pino, attraverso le sue parole, la
sua testimonianza, le tappe della vita. Raccogliere ricordi e testimonianze e
commenti anche di voi lettori. Dare conto di quanto si va facendo per
ricordarlo: incontri, testimonianze ma anche film, teatro, intitolazioni e
tante altre iniziative. Fornire materiali alle scuole che, sempre più numerose,
approfondiscono la lezione di un maestro e lo fanno conoscere ai giovani.
Ma non solo. Si darà notizia anche di tutto quanto
rappresenta un passo avanti (o un inciampo) nel cammino della Chiesa verso la
maturazione della coscienza ecclesiale sui temi della criminalità organizzata e
sulle scelte pastorali più opportune. Aver proclamato il martirio significa
assumere come modello i comportamenti concreti del parroco di Brancaccio. E
quindi occorre chiedersi: i comitati per le feste religiose e le confraternite,
soprattutto nelle periferie, sono stati depurati da presenze estranee, da
interessi economici e da infiltrazioni
mafiose? E’ stata fatta una scelta preferenziale per i poveri e gli ultimi? E’
stato superato il parrocchialismo? Sono stati fatti passi avanti verso la collaborazione
tra le comunità della città ricca e quelle dei quartieri degradati? Esiste
ancora il collateralismo politico? Le parrocchie si prestano ancora a essere
una grancassa elettorale? Siamo consapevoli degli errori del passato? Oppure si
ripropone il rischio, come negli anni Cinquanta e Sessanta, di guardare con
miope favore a partiti o uomini politici che, di fronte ad adesioni di facciata
al cattolicesimo, sono invece garanti di un sistema di corruzioni e collusioni?
Dalle risposte che verranno a queste domande dipende indubbiamente il futuro
cammino della Chiesa e della società siciliana.
Dal giorno in cui l'ammazzarono a oggi una distanza è stata
colmata grazie a quel “Me l’aspettavo” di padre Puglisi sereno e consapevole.
Una prima maturazione è avvenuta nella coscienza ecclesiastica. E' questa la
svolta di portata storica donata da Dio alla sua Chiesa attraverso don Pino. E,
di riflesso, è questo il dono di Dio anche per tutta la città degli uomini.
1 settembre 2014
(FRANCESCO DELIZIOSI)
Complimenti per l'idea. C'è bisogno di un confronto continuo..... bisogna avere il coraggio di parlare. Grazie
RispondiEliminaAlcuni dei commenti e degli incoraggiamenti per il blog che sono arrivati:
RispondiEliminaGRAZIE, FRANCESCO! E' DAVVERO UNA BELLA INIZATIVA. DON PINO E' ORMAI MOLTO CONOSCIUTO E AMATO, GRAZIE ANCHE A TUTTE LE TUE IDEE INIZIATIVE E FATICHE. LO SARà ANCORA DI PIU'. CON AFFETTO E STIMA GRANDI
Mons. Salvatore Di Cristina
Ho sempre seguito per quel che ho potuto la vostra testimonianza di figli spirituali di tre P beato....ho pensato che sia venuto il momento di comprendere insieme nuove vie nella nostra città! anche io ho beneficiato del sorriso di 3 P!
Anna Maria Casella
Padre Puglisi e' stata una persona che ha capito il vero senso della esistenza umana, dimostrando coraggio e tenacia.
Teresa Pinto
Bella iniziativa che farà conoscere e amare sempre più Padre Pino Puglisi.
Maria Bilello
Bellissima iniziativa che seguiro' con vero interesse.Un saluto di solidarietà al Sacerdote Don Ciotti.
Mariolina Romano
Trovo bella e interessante questa proposta oltre che avere un punto di riferimento come il Beato Padre Puglisi.
Maria Concetta Mazziotti
Splendida iniziativa per formare, informare e non dimenticare. Il suo operato un modello da seguire. Bravo Francesco e grazie.
Toti Piscopo
Quanto mi manca il sorriso di padre Puglisi
Carmela Mattina
Molto interessante!
Maria Mattina
Bravo Francesco...... sei stato sempre bravo sin da piccolo!!!!!
Cira D'Amato
Finalmente!!! Felicissimi che la testimonianza di 3P sia sempre alimentata come Pino Il Pulmino...chi di voi volesse, può conoscerci meglio su I Love PINO buona navigazione!!!
Fabrizio Nocifora
Ottima possibilità....che permetterà di conoscere meglio Padre Puglisi e per condividere/conoscere le iniziative che in ogni dove si realizzano ispirandosi a lui. Grazie Francesco.
Padre Giuseppe Calderone
Bravissimo Francesco....la memoria di Padre Puglisi...testimonianza di fede, di coraggio e di amore nei confronti degli ultimi.....
Gaetano Cafici
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Bravo Francesco, è un'ottima idea
Caterina La Calce
Ottima iniziativa. Il ricordo di Padre
Pino è sempre presente dentro di noi, ma recenti dichiarazioni ci
ripropongono il suo martirio.
Pina D'Alatri