Padre Puglisi attraverso le sue frasi. Questo post si collega a quello precedente e consente di ricostruire, attraverso citazioni dirette delle sue relazioni nei campi scuola, il nocciolo del suo insegnamento ovvero il taglio esistenziale della sua proposta di riflessione: Sì, ma verso dove? Verso dove vogliamo che vada la nostra vita? Verso l'amicizia o la solitudine? Verso il perdono o verso il rancore? Scelte che condizionano l'esistenza di tutti. Ma il giusto deve avere anche la consapevolezza che il suo comportamento susciterà odio. Persino la vista del giusto susciterà fastidio nei malvagi...così come avvenne a Brancaccio per l'opera del parroco.
PEZZI DI CAMMINO
Davanti ai suoi ragazzi padre Pino trovava parole di
esaltazione per lo stare insieme: «L'amicizia fa toccare in qualche modo il
nucleo centrale di se stessi, aiuta a dare una risposta alle eterne domande: da
dove veniamo? Dove andiamo? L'amico è infatti colui che fa intravedere la meta
e permette di fare insieme un pezzo di cammino. L'amicizia è il terreno su cui
il giovane può edificare la propria personalità con maggiore garanzia di
riuscita».
«La vera amicizia è rara e, come ogni valore, deve essere
cercata, scoperta, protetta, alimentata e infine dilatata alle dimensioni del
mondo. Spesso però l'amicizia, tanto sacralizzata davanti agli occhi dei
giovani, decade. Si sente parlare sovente dell'esperienza del tradimento.
Quell'amicizia intoccabile, iniziata con tanto ardore e speranza, appena
colpita provoca una crisi tremenda. Allora diventa difficile perdonarsi,
impossibile capirsi e lottare per difendere un rapporto che dava l'impressione
di essere entusiasmante e definitivo».
Questo però non succede solo ai giovani - osservava ”3P” -.
Anche fra gli adulti è raro vedere amicizie profonde e durature perché esse
sono minacciate da interessi, egoismi e gelosie. Spesso così le relazioni di
amicizia finiscono per diventare un bene di consumo del tipo "usa e
getta". Tuttavia l'amicizia ai nostri giorni rimane forse il lido piu'
desiderato dai ragazzi, ed anche dagli adulti e dagli anziani, perché non c'è
età in cui non si senta il bisogno di rifondare una società davvero umana».
PANE E POVERI
«Prima dei pasti, io recitavo la preghiera: ”Benedici,
Signore, noi e il cibo che stiamo per prendere e danne anche a coloro che non
ne hanno“. Qualcuno mi ha detto: ”Non ti pare che sia uno scaricare le tue
responsabilità?“ Recentemente ho cercato di cambiare dicendo: ”Signore, fa' che
condividiamo il cibo con i fratelli che non ne hanno“».
«Dio manifesta il suo amore - rifletteva padre Pino -, dà il
cibo ai poveri per mezzo nostro. Direi che Dio manifesta il suo amore per mezzo
del nostro cuore. Non possiamo però dire a una persona: "Dio ti ama, Dio
ti è padre", se quella persona, intanto, è sola, se quella persona è nella
miseria; non possiamo pensare che sia consolata da questa frase che le diciamo
se noi non passiamo ai fatti, cioè se non manifestiamo la paternità di Dio
attraverso il nostro amore vero, sincero, concreto».
Anche per il ruolo della famiglia padre Pino trovava una
metafora semplice ed efficace: «La famiglia è profetica all'interno e
all'esterno. Al suo interno ciascuno annuncia la parola di Dio vivendo la
comunione; all'esterno la famiglia è in grado di annunciare se non si chiude in
se stessa, quasi per non lasciarsi contaminare dal mondo, ma si apre alle
dimensioni del mondo. Tale famiglia ha le porte aperte, porte che si aprono verso
l'interno. Sono brutte quelle porte che si aprono verso l'esterno; pare che ti
sbattono in faccia la porta, invece la famiglia deve accogliere. Ma certo non
come quelle persone che tengono in ordine e pulita la loro casa per
contemplarsela; quando arriva qualcuno dicono "sta attento a questo, sta
attento a quello...". Quasi quasi ti dicono: "quando te ne vai?"».
Verso chi deve essere rivolto questo dono dell'accoglienza?
«Ciascuno può avere i suoi poveri a cui andare incontro, i suoi anziani, i suoi
emarginati. Oggi non sono soltanto poveri quelli che non hanno denaro, ma
talvolta sono piu' poveri quelli che non hanno chi stia accanto a loro, che non
hanno amici, che sono soli, quelli che cercano consolazioni che poi non danno
soddisfazioni, che cercano di colmare la loro solitudine attraverso la droga,
l'alcool o altre forme di dipendenza».
”Seguire Gesu' sulla via delle beatitudini" era il tema
di tutto un campo. Padre Pino spiegava che il brano del Vangelo di Matteo è la
nuova proposta di Gesu'.
«San Matteo - iniziava ”3P“ - presenta nel quinto capitolo
il discorso di Gesu' che è programmatico e solenne, volendo correlarlo ad un
altro dell'Antico Testamento. Il discorso di Gesu' viene fatto su una montagna
e proprio su una montagna Dio si era manifestato a Mosé e successivamente gli
aveva affidato i dieci comandamenti».
Beati i poveri...«Bisogna dire - continuava padre Puglisi -
che per la popolazione ebraica i poveri in spirito non erano tanto quelli che
non avevano niente ma piuttosto coloro che ponevano al primo posto Dio e la sua
parola…In ogni caso i valori di cui parla Gesù nelle beatitudini hanno, nel
mondo di oggi, dei contro-valori».
«Uno dei vizi più diffusi del mondo consumistico - infatti -
è il piacere. E il denaro, essendo il mezzo più facile per procurare il
piacere, è un altro dei valori maggiori del nostro tempo. L’uomo di oggi è
legato alla ”roba” più che agli affetti”.
POTERE
«Un altro dei valori emergenti - proseguiva ”3P - è il
potere, visto non come servizio verso gli altri, ma come mezzo per procurarsi
il piacere. Anche la forza, quando diventa un culto, una legge, è un segno di
degrado dell’uomo, per cui anche la violenza e la vendetta, conseguenti a
questo culto, sono oggi considerate un modo di pensare come un altro. Il mondo
presenta tutti questi controvalori, diffusi dove c’è il benessere, come cose
che danno pace e felicità. Ma non è così. Il piacere non dà gioia. Ciò è
provato dal frequente numero di suicidi, dall’abbondante uso di droga e alcol».
Cristo ci chiama a un cammino alternativo, contro corrente.
«Gesù allora invita - aggiungeva padre Pino - ad avere fiducia in valori
diversi. I poveri non pongono la loro fiducia nei beni della terra. E infatti
solo se il bene supremo è Dio, si saprà condividere il resto con gli altri. Gesù
ha detto: ”Cercate innanzitutto il regno di Dio e la sua giustizia e le altre
cose vi saranno date in più”».
PERDONO
«E' bello il rapporto di amicizia tra Gesu' e Pietro. Pietro
dice a Gesu': "No, non ti lascerò morire, lotterò per te". Gesu', da
parte sua, che è invece cosciente dei limiti e della debolezza umana, risponde:
"Non sai quello che dici" (Mc 8, 32-33). Proprio Pietro poi lo
rinnegherà. Ma in Gesu' c'è una profonda amicizia, la consapevolezza della
debolezza umana, la fiducia e l'amore nell'uomo. Tanto che farà di Pietro la
pietra angolare della propria Chiesa. E' una amicizia, quella di Gesu', che
supera lo stesso tradimento. Difatti Gesu' non si tira indietro anche quando
Pietro lo ha rinnegato».
Qui il discorso di padre Pino si faceva più denso,
affrontando temi che gli stavano molto a cuore, come quello del perdono:
«Condizione, però, perché si ristabilisca questa amicizia, è il pentimento, che
non significa auto-colpevolizzarsi, autocommiserarsi, né soltanto riconoscere
di avere sbagliato, ma soprattutto desiderio di ricominciare di nuovo. Anche
noi per ritenere qualcuno amico, esigiamo fedeltà, confidenza, fiducia. L'amico
Gesu' è esigente, ma non abbandona».
«A questo proposito - aggiungeva ”3P“ - mi viene in mente un
pensiero di un autore: "L'uomo è legato a Dio da un filo sottilissimo e
quando pecchiamo il filo si spezza. Quando ci pentiamo Dio fa un nodo al filo e
il filo si accorcia e così siamo piu' vicini". Questo non significa che
dobbiamo peccare per essere piu' vicini a Dio. Il fatto che noi pecchiamo è
nella norma, perché l'uomo è debole, è limitato. A volte è disposto a dare la
vita, ma poi di fronte al pericolo, retrocede, ha paura. Invece Dio conserva la
sua amicizia e aspetta, aspetta...il pentimento. Il pentimento non significa "mea
culpa, mea culpa", ma ripresentarsi a Dio con un nuovo desiderio».
«Gesu' accoglie tutti indistintamente, ma soprattutto i
peccatori, gli ammalati. Lo ripeterà continuamente: "Io non sono venuto
per i sani, ma per i malati (Lc 19,20)". Infatti vediamo come Gesu' quasi
solidarizza con le infermità umane, prendendole su di sé (Mt 8, 16-17). Una
cosa importante da notare è che in quel tempo i malati, i sofferenti, i ciechi
o chiunque avesse su di sé una tragedia era guardato con sospetto, perché la
tradizione voleva che queste persone fossero ritenute colpevoli di qualcosa. La
malattia e la sofferenza erano una punizione divina per le proprie colpe».
«Il fatto invece che quest'uomo si accosta a tutti coloro
che erano sofferenti, malati, peccatori chiaramente fa molto effetto sulla
folla, sul popolo, perché nessuno si accostava a loro, temendo di venire
contagiato. Per alcune malattie era vero, come la lebbra. Era la piu' diffusa,
era la piaga con cui Dio puniva i peccatori piu' gravi, che meritavano addirittura
l'esclusione dalla comunità. Gesu', venendo per loro, li reintegra nel mondo da
cui sono stati esclusi, elimina la loro emarginazione».
PERSEGUITATI
"Beati i perseguitati per causa della giustizia perché
di essi è il regno dei cieli. Beati voi quando vi insulteranno, vi
perseguiteranno e mentendo diranno ogni sorta di male contro di voi a causa
mia. Rallegratevi ed esultate"
Non è difficile rileggere queste riflessioni come base delle
scelte successive di padre Pino a Brancaccio, dove tanti erano i perseguitati
dalla mafia e dove anche lui sarebbe
finito nel mirino. «Che il giusto sia perseguitato è una costante delle
espressioni dell'Antico Testamento - iniziava a riflettere ”3P” nella relazione
-. Nel libro della Sapienza 2,1-20 si parla proprio di questo. "Il giusto
è diventato per noi una condanna ai nostri sentimenti; ci è insopportabile solo
al vederlo", infatti chi si comporta rettamente nella sua vita diventa
rimprovero per quelli che agiscono ingiustamente».
«Costoro dicono: "Ma non è possibile vivere
nell'onestà, vivere sempre nella rettitudine!". Chi invece si comporta
così dimostra il contrario, diventando un rimprovero, una smentita per gli
ingiusti».
Le difficoltà sono sempre da mettere in conto. «Il Giusto -
prosegue padre Pino - sicuramente troverà degli ostacoli. Lo stesso Luca dice:
"Guai quando tutti gli uomini diranno bene di voi"; è quasi un segno
perché significa che il nostro agire non ha inquietato nessuno, le nostre
parole non hanno disturbato nessuno, mentre le parole del Cristo sono parole
disturbatrici, inquietanti, che mettono dentro un travaglio che si trasforma in
sofferenza ma che poi conduce a gioia e conversione».
«Nel brano di Zaccheo - rifletteva padre Puglisi - la
presenza di Gesù avrà causato in lui un travaglio interiore, una sofferenza; è
naturale, il passaggio da un modo di vivere ad un altro non è senza sofferenza,
è un passaggio che richiede distacchi, tagli, potature e ogni potatura fa
piangere. Però è proprio quando viene potato che l'albero può dare frutti più
abbondanti; la vigna infatti si pota altrimenti fa poca uva. Il giusto non
potrà essere benvoluto da tutti, avrà certamente dei contrasti e questo sarà un
segno della sua giustizia e rettitudine, della giustizia cioè della
realizzazione della volontà di Dio».
«Nel passo parallelo si dice: Beati voi quando diranno male
di voi a cagione mia” (Mt 5,11), e prima si dice: "Beati i perseguitati a
causa della giustizia" (Mt 5,10), perché sono stati giusti. E Gesù
aggiunge: "a causa mia", cioè vi sarà persecuzione perché seguaci di
Cristo. E questo non è un fatto soltanto di altri tempi, è un fatto anche dei
giorni nostri; quando uno cerca di vivere onestamente gli altri dicono:
"Chissà perché lo fa?"»
«Se, per esempio, uno è onesto nel suo dovere d'ufficio
diranno: "Lo fa per guadagnarsi il favore dei superiori", oppure se
va in chiesa e partecipa alle varie attività: "Chi lo sa, vorrà qualche
raccomandazione dal prete". Questo tipo di maldicenza oggi è meno frequente
ma nessuno sfugge a questa regola. Il seguace del Cristo, però, colui che ha
scelto di vivere secondo il modello di comportamento di Gesù Cristo,
chiaramente troverà difficoltà, ma già in questo Gesù dice che siamo beati,
cioé felici».
Essere felici non è quindi una utopia. «La gioia è
possibile, non è un'alienazione, anzi è come un propellente che viene messo
dentro di noi da Cristo e ci dà la forza per andare avanti con speranza. Per
portare qualcosa di nuovo al mondo nel quale viviamo. E la gioia di saperci
sempre consolati da Dio, cioé la sicurezza di essere nelle braccia di un Padre,
di saperci vicini ad un amico che ci guarda sempre sorridente e non ci
abbandona mai. Un amico che per noi è venuto e con noi rimane sempre. Tanto ci
ha amato da dare la sua vita per noi ma anche fino a restare sempre con noi».
La conclusione è uno dei pensieri-chiave dell’esistenza di
padre Pino: «E' difficilissimo morire per un amico, ma morire per dei nemici è
ancora più difficile. Cristo però è morto per noi quando noi eravamo ancora
suoi nemici. Noi uomini ora vogliamo bene e ora no, un po' ci impegniamo e un
po' no. Lui invece rimane sempre con noi, questa è la costanza dell'amore fino
all'estremo limite, un amore anzi senza limiti. Questo è il motivo della nostra
gioia».
Tutte le citazioni sono tratte da F.Deliziosi "Pino Puglisi- il prete che fece tremare la mafia con un sorriso" (Rizzoli). I testi delle relazioni sono in Archivio Don Giuseppe Puglisi di via Bonello.
Grande Padre Beato Giuseppe Puglisi
RispondiEliminaDiana Papaleo
Il Beato mentre battezza mia figlia
RispondiEliminaMaria Spataro