Da oggi e fino al 15 settembre, data dell'omicidio di padre Puglisi, un post al giorno su questo blog cercherà di raccontare la sua personalità e il suo carisma. Ne verrà fuori un ritratto a tutto tondo, partendo dall'ispirazione evangelica, dalla scelta di povertà francescana, per poi passare al metodo educativo del parroco-martire, alle vicende di Brancaccio e al percorso della causa di beatificazione. Analizzando anche l'importanza storica del riconoscimento del martirio.
(francesco deliziosi)
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GRANDI ORECCHIE PER ASCOLTARE
Cominciamo oggi dalla sua capacità di ascolto, una delle caratteristiche che chiunque lo abbia conosciuto potrà confermare. Il simbolo di questa dedizione all'altro erano le sue grandi orecchie a sventola che si vedono in ogni sua foto. Tanto che padre Pino stesso ci scherzava su e ai suoi alunni confermava: "Sono così grandi per ascoltarvi meglio...".
Con questa capacità di ascolto (e dialogo) affascinò intere generazioni di studenti. Costruendo rapporti personali fortissimi, riuscì a stare accanto anche a giovani con problemi di depressione.Tra le tante testimonianze che ho raccolto anche quella di una ragazza salvata dal suicidio. 3P le ripeteva continuamente: "Pensaci...per me sei importante".
Ricorda un suo amico e collega al liceo Vittorio Emanuele II, il professore Roberto Picone: «Aveva una attitudine straordinaria all’"empatìa" - spiega -. Riusciva a immedesimarsi totalmente nelle sensazioni, negli umori dell'altro. Ti chiedeva "come stai?", e già non ti sentivi piu' solo. Viveva con incredibile partecipazione le tue vicende e sapeva creare nel rapporto "io-tu" una intimità fraterna e profonda».
Tutto questo, però, non andava a scapito del suo senso di giustizia. "Durante i consigli di classe - continua Picone - non vestiva mai i panni del difensore d'ufficio, come capita spesso, invece, agli insegnanti di religione. Conosceva uno per uno i ragazzi e il suo obiettivo era arrivare alla decisione piu' utile per la loro crescita. Anche nelle attività esterne alla scuola con i giovani non ha mai fatto proselitismo. Gli interessava l'incontro personale, la qualità non la quantità di seguaci". Sin dall'inizio il professore è stato uno dei sostenitori della causa di beatificazione e ne ha chiesto l'apertura con una raccolta di firme assieme ad altri amici: "Il sorriso di padre Pino - conclude - era una manifestazione che veniva direttamente da Dio, un segno dello Spirito su di lui. E lo dico senza esaltazione agiografica, non post mortem, perché lo pensavo anche prima dell'omicidio. Padre Puglisi guardava te, parlava con te e ti dava la calda certezza di guardare solo te e di parlare solo con te, tu e lui soli nell'universo. Se c'incontreremo col Signore, al termine dei nostri giorni, io credo che avremo la stessa sensazione. Nessuno di noi sarà confuso in una folla".
Per uscire dalla depressione e dall'isolamento il sacerdote proponeva ai giovani anche una sorta di terapia di gruppo. Infatti, davanti ai suoi ragazzi, nei campi scuola, padre Pino trovava parole di esaltazione per lo stare insieme. Ecco un suo pensiero:
"L'amicizia fa toccare in qualche modo il nucleo centrale di se stessi, aiuta anche a dare una risposta alle eterne domande: da dove veniamo? Dove andiamo?
L'amico è infatti colui che fa intravedere la meta e permette di fare insieme un pezzo di cammino.
L'amicizia è il terreno su cui il giovane può edificare la propria personalità".
In un appunto così "3P" descriveva la situazione piscologica dei suoi ragazzi, individuando a sorpresa i lati positivi: "Viviamo un tempo felice, impegnativo e problematico per la pastorale giovanile. Non un tempo in cui tutto va bene, ma neppure un tempo di disastri. Siamo in un tempo felice perché esiste una stragrande maggioranza di giovani che si interroga sul senso della vita, sente la voglia di vivere, di trovare ragioni di vita. Buona parte dei giovani si è staccata dalle antiche sicurezze e, facendo salti mortali, tende le braccia in avanti in cerca di chi la accolga".
Padre Pino insisteva su questa metafora del trapezio: "Se le due mani invocanti non trovano le due mani pronte ad afferrarle, il trapezista si schianta a terra. Per questo il nostro tempo è anche impegnativo: poiché la comunità ecclesiale ha i suoi ritmi e i suoi problemi da risolvere, c'è il grosso rischio che i giovani non trovino le mani pronte ad afferrarli e accoglierli. Non c'è piu' tempo da perdere, c'è il pericolo che i giovani si sfracellino"
Ne faccio cenno anche in questo bel servizio di Francesca Cugliandro andato in onda su Tv2000 (la tv dei vescovi italiani) e ora anche presente su youtube.
https://www.youtube.com/watch?feature=player_embedded&v=76owepuLlDk
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