di Giancarlo Caselli
“Vorrei iniziare con una questione che è stata molto
dibattuta dopo la morte di padre Puglisi: era un prete antimafia? E’ vero,
definirlo così è riduttivo perché l’antimafia del parroco di Brancaccio si è
sempre tradotta in concreto attraverso la promozione umana e sociale. Facendo
questo tipo di promozione, non si può non essere antimafia e facendo antimafia
non si può non cercare la promozione umana. L’inscindibilità di questi due
profili nel percorso di vita di padre Puglisi emerge dal libro di Francesco
Deliziosi davvero a tutto tondo. Viene fuori l’attenzione di don Pino all’Uomo,
con le sue sofferenze, attese, difficoltà. Viene fuori una grandissima, straordinaria,
eccezionale passione di padre Puglisi per le persone, le più emarginate,
calpestate nella loro dignità, quelle che non hanno voce e forse neanche
speranza.
Pagine del libro estremamente significative sono poi quelle
in cui si parla direttamente o indirettamente di coloro che con don Puglisi
sono cresciuti, che da lui hanno imparato tutta una serie di valori
estremamente importanti. Tra questi allievi, nell’ultimo segmento del suo
percorso, ci sono i giovani di Brancaccio. E se in proposito volessimo fare
riferimento a un’immagine evangelica per esprimere come questo rapporto emerge
dal libro, forse potremmo azzardarci a ricordare i discepoli di Emmaus. Ci
ricordano quei tratti di strada in comune percorsi a volte incalzati dalla
sfiducia, a volte travagliati da mille difficoltà – nel momento apparentemente
insormontabili – ma sempre con la voglia di contribuire a quei cambiamenti che
spesso sono tanto sbandierati quanto disattesi.
Tratti di strada che a volte anche don Puglisi ha percorso
con rabbia, pure in lui sempre contenuta, razionalizzata. E’ la rabbia contro
le lungaggini, le burocrazie, i giochi di partito. E qui faccio riferimento
anche a quei locali di Brancaccio, gli scantinati di via Hazon, che in qualche
modo sono sempre destinati ad attività perverse e mai a quelle che don Pino
voleva realizzare per il bene del quartiere.
Questa strada, percorsa con don Pino, ha consentito ai suoi
discepoli di crescere e anche questo è il significato del libro. E per
discepoli non intendo soltanto i suoi collaboratori più stretti ma tutti coloro
che con lui cercavano di portare avanti le attività per i ragazzi che vivono in
strada. Sono questi ragazzi che con la loro richiesta di aiuto rivelano il vero
volto di Dio. Un Dio che attraverso il sacrificio di don Puglisi ci chiama a
condividere il suo Amore e a ritrovare la speranza. Anche laddove
apparentemente – ma solo apparentemente – c’è soltanto sconfitta e
disperazione.
“Ex fructibus cognoscetis eos”: il cardinale Pappalardo
ricorda nell’introduzione del libro questa frase di Gesù. E i frutti anche del
sacrificio di don Puglisi cominciano a prodursi in tutta la collettività
palermitana e oltre.
Un altro aspetto va sottolineato. Quello di don Puglisi era
un impegno impastato con le coordinate della storia. La voglia di giustizia, di
Stato, di legalità – oltre che di solidarietà e di garanzie per ogni cittadino
– sono costantemente nelle testimonianze e nel percorso che il libro offre.
L’impegno di don Puglisi, dei suoi collaboratori, dei ragazzi che cercava di far
crescere è nella Città dell’Uomo, nello spazio e nel tempo che è dato a
ciascuno. E per quanto riguarda il lavoro che io sono chiamato a svolgere
quotidianamente, insieme con tanti altri magistrati, è fondamentale questa
preoccupazione, questa sensibilità di don Puglisi per una scuola della
legalità, per cercare di convincere tutti dell’importanza della legalità. E’ un
insegnamento importantissimo credo per tutti e non solo per chi è “deformato”
dalla professione che esercita come finisce per essere il sottoscritto.
Ci sono tre mali che affliggono la società di oggi. Il primo
è la superficialità giudiziaria, nel senso di disattenzione burocratica alla
verità nascosta da quelle che sono soltanto apparenze legali, disattenzione che
non si sforza di andare oltre queste apparenze legali.
Il secondo male è l’inerzia amministrativa, che non permette
la gestione dei diritti promessi dalle leggi. Infine c’è la corruzione politica
di cui tanto si parla. Corruzione che produce leggi che sono solo promesse di
diritti. Nel momento in cui il funzionamento di queste leggi è inceppato dalla
corruzione si sa in partenza che questi diritti non potranno essere resi
effettivi dalla struttura amministrativa.
Questi tre fenomeni combinati insieme ingenerano sfiducia
nei cittadini verso lo Stato. E favoriscono i poteri paralleli che operano
secondo etiche illegali e trasgressive e tendono a colmare i vuoti di potere
della pubblica amministrazione. Con mali di questo genere si è dovuto scontrare
don Puglisi nella sua ricerca di legalità. Vivendo a Brancaccio la sua
esperienza di promozione religiosa e sociale ha combattuto, riempiendo le sue
attività di contenuti solidissimi, concreti, sostanziali. E l’impegno antimafia
è proprio questo sforzo quotidiano di opposizione ai poteri paralleli. Poteri
che, come detto, si alimentano e conquistano spazi anche attraverso il mancato
funzionamento della giustizia con la sua superficialità, dell’amministrazione
con la sua inerzia e della politica nel momento in cui si viene a inceppare con
la corruzione.
La morte di don Puglisi richiama a tutti noi e a me
operatore in uno specifico settore dell’attività umana questi principi. Bene
dice il cardinale Pappalardo nell’introduzione che questo volume non è in senso
stretto una biografia ma una significativa raccolta di testimonianze. Ma la
testimonianza più importante – ed è questo l’invito anche dell’arcivescovo – la
dobbiamo offrire noi. Letto il libro, ricordato don Puglisi come in questi
giorni, cerchiamo in qualche modo – ciascuno naturalmente nella consapevolezza
dei suoi limiti – di ispirarci al suo esempio, al suo insegnamento, al suo
coraggio.
----------------------------------------------------------------------------------------------------
Il procuratore Giancarlo Caselli, don Cosimo Scordato, il cardinale Salvatore Pappalardo, il giornalista Francesco Deliziosi alla presentazione del libro |
Questo intervento dell’allora procuratore di Palermo
Giancarlo Caselli è stato pronunciato il 12 ottobre 1994 nell’Aula magna della
Facoltà Teologica di Palermo. L’occasione era la presentazione del volume di
Francesco Deliziosi “3P – Padre Pino Puglisi” (edizioni Paoline, introduzione
del card. Salvatore Pappalardo). Lo riproponiamo per la sua attualità ancora viva: la corruzione della politica,
l’inerzia della burocrazia, lo scoraggiamento dei cittadini erano i mali con
cui si trovò a confrontarsi padre Puglisi a Brancaccio. E il procuratore
Caselli (che era a Palermo dal 15 gennaio 1993) lo sottolinea con forza. Ma
sono i mali che anche oggi affliggono gli onesti. Per questo l’invito del
magistrato a ispirarsi al coraggio di padre Puglisi ma anche alla sua voglia di
Stato e di legalità è quanto mai attuale e fecondo. Anche oggi, trent'anni dopo.
Grande Uomo e Grande Professionista il Dottor Caselli. Grande anche come Magistrato che ha onorato sempre e sino all'ultimo il Suo Giuramento e la Toga che ha indossato....
RispondiEliminaEnzo Gallo
Canicattì
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
RispondiEliminaFrancesco condivido in tempo reale!!! Grazie ancora per tutto quello che stai facendo per Don Pino e per tutti noi!!!...
RispondiEliminaCarlo Del Bello
Parole altissime, degne di un magistrato e di un uomo a cui noi palermitani dobbiamo tanto. Ha colto e sintetizzato mirabilmente l'essenza dell'operato e della spiritualità di padre Puglisi. Grazie
RispondiEliminaLucia Comparato
Grazie Francesco!
RispondiEliminaFernando A.Sarli