Dal '70 al '78 padre Pino Puglisi fu parroco a Godrano, un paesino di montagna in provincia di Palermo, scosso da una faida che aveva causato diversi omicidi e con le famiglie divise da profondi rancori. In questo clima gelido, e non solo per l'altitudine, il sacerdote ebbe una profonda crisi di scoraggiamento. Ma con l'aiuto di alcuni amici e del movimento Presenza del Vangelo riuscì a ripartire fino a pacificare le coscienze e a trasformare l'intero paese. Alcuni fili rossi della sua attività pastorale si ritroveranno a Brancaccio: dall'attenzione per i bambini alla "purificazione" delle processioni e del devozionismo popolare. A raccontare quegli anni è una delle ragazze di allora di Godrano, poi diventata insegnante di religione. Ecco il suo intervento.
di Giusy Caldarella
PREMESSA.
“Padre Puglisi parroco a Godrano e a
Brancaccio” questo è il tema assegnatomi. Oltre la memoria e la grande
disponibilità di alcuni amici di Puglisi, soprattutto per l'esperienza di
Godrano, molto utili mi sono stati, per svilupparlo, i documenti custoditi al
CDV da Agostina che generosamente ha messo a mia disposizione.
Mi piace
cominciare con due espressioni scherzose che solitamente usava Puglisi per
definirsi parroco, prima a Godrano come “il parroco più altolocato della
diocesi” - visto che Godrano è un paese di montagna - , poi a Brancaccio come
“il prete del papa”, alludendo al soprannome dato ad un noto mafioso di quel
territorio. Queste sue battute rivelano il piacere di non prendersi sul serio,
ma anche la sua consapevolezza delle grandi difficoltà che si trovava ad
affrontare nel suo ministero.
Un paese trasformato
Padre Puglisi
a Godrano arriva nel 1970, giovane prete. Da subito percepisce la situazione
difficile di quel paesino, solo 1000 abitanti, tanto difficile da avere qualche
momento di sconforto fino a pronunciare parole dure come «la mia vocazione è in
crisi, forse non so più fare il prete». Quali erano le sue preoccupazioni?
Arrivare in un paese e non riuscire a coinvolgere la gente, portarla in chiesa,
organizzare incontri ed averli deserti perché, da una parte, donne e ragazze
non hanno il coraggio di cambiare la mentalità molto chiusa del paese,
dall’altra gli uomini e i padri sono brava gente, lavoratori ma che non hanno o
non trovano il tempo per un prete che vuole incontrarli, parlare con loro,
ascoltarli e condurli fino a Gesù che tanto lui amava e tanto avrebbe voluto
far diventare loro compagno di viaggio.
Finalmente le
preghiere di Puglisi, perché Dio lo illuminasse nel trovare la strada giusta,
vengono esaudite e arriva Filippo, un giovane che, con tanta voglia di
cambiare, decide di aiutarlo in questo percorso tutto in salita. Filippo lo
rassicura e lo esorta ad avere tanta pazienza e gli promette anche il suo
aiuto.
Decidono di
cominciare dai bambini, e proprio questi ultimi sarebbero riusciti, insieme al
nuovo parroco, a dare la spinta utile a far uscire il paese dalla sfiducia che
lo attanagliava. Io allora ero una di quelle bambine. I bambini avevano voglia
di crescere, di credere in qualcuno che era capace di proporre la figura di
Cristo come faceva don Puglisi, il quale ne sottolineava la grande umanità, i
suoi sentimenti, l'interesse nei confronti di ciascun uomo e soprattutto per
gli ultimi, i deboli, i bimbi, i peccatori. Don Pino amava definire il suo Gesù
come «uomo libero e liberante». Ai ragazzi cominciò a parlare dello sguardo di
Gesù che arriva al cuore degli uomini, lo chiama, lo conosce e lo accompagna
nell'amore di Dio con grande tenerezza. In tante occasioni egli parlava della
tenerezza di Dio. Per esempio nelle giornate di ritiro in preparazione alla
Prima Comunione, al Gorgo del Drago, richiamava la figura di Dio come Padre
misericordioso che comprende tutte le mancanze e le debolezze degli uomini, dei
suoi figli, li vuole liberare dai pericoli. In quella occasione spiegava e
insegnava a pregare, diceva sempre «è la preghiera che dà senso alla vita degli
uomini perché rende viva l'amicizia con Dio e ci rende simili a Lui».
Il matrimonio di Filippo Barbaccia (1980), uno dei più grandi amici che padre Puglisi ebbe a Godrano |
Con don
Puglisi i ragazzi hanno imparato ad ammirare e a meravigliarsi della bellezza
della natura, attraverso le tante uscite al bosco, dove si portava sempre una
Bibbia per potere leggere qualche brano. Con lui e Filippo i ragazzi scoprirono
anche le salite sulla Rocca Busambra, quando era ancora buio, per andare a
pregare più vicini a Dio e ammirare l'alba salutando Fratello Sole.
Il giovane
parroco organizza anche il coro per animare la Messa della domenica. Ai ragazzi
più grandi propone le settimane al mare, che quasi tutti non hanno mai visto.
Le famiglie sono parecchio dubbiose perché i loro figli non sono mai usciti da
soli, ma presto decidono di fidarsi di
questo prete e finalmente i ragazzi possono andare al mare.
A questo punto
Puglisi si sente pronto ad osare anche con gli adulti e comincia a invitare i
suoi amici, che arrivano in tanti da Palermo. Soprattutto chiede aiuto alle
persone del movimento “Crociata del Vangelo”, oggi “Presenza del Vangelo” i
quali con molto entusiasmo decidono di aiutarlo, certi, insieme, di riuscire
nell'impresa. Si organizzano degli incontri in occasione dell'Avvento e della
Quaresima, il primo con il tema del Perdono, utile per potere finalmente
avviare un processo di ripresa del paese dilaniato da odi tra famiglie. Nasce
così l'esperienza dei cenacoli presso le famiglie. In un primo momento sono
poche quelle famiglie che si lasciano coinvolgere, poi negli anni aderisce
all’iniziativa l'intero paese, fino ad arrivare alla esperienza delle
“Settimane del Vangelo”.
Forte di
questa fiducia ormai accordatagli, don Pino comincia anche a cambiare il modo
di partecipare alla liturgia eucaristica, per esempio abolendo l'uso della
colletta durante la celebrazione e ponendo solo un cestino in fondo alla
chiesa, per lasciare ciascuno libero di donare ciò che vuole o ciò che può
donare. Successivamente il suo sforzo di rinnovamento arriva anche alle processioni in occasione
della festa di San Giuseppe. Qui don Puglisi osserva una cosa molto curiosa: al
passaggio della statua del santo, le varie famiglie infilavano soldi nella
fascia che l’adornava. Alla successiva processione egli invita i parrocchiani a
portare le offerte in chiesa e ottiene così che, sia pure con un po' di
riluttanza, quella curiosa abitudine diminuisca. In concomitanza con queste
scelte, comincia a spiegare alla gente che anche le processioni possono essere
riempite di contenuti spirituali. Ancora oggi a Godrano, dopo di allora, esse
sono fatte di letture dalla Parola di Dio, preghiere, riflessioni, canti
religiosi. Questa è stata una novità seguita poi anche dai paesi vicini.
Con il suo
fare molto rispettoso il nuovo parroco arriva anche a far capire alla gente che
parrocchia e politica non devono camminare insieme. Tuttavia, quando un giovane che vuole fare
un'esperienza di politica, candidandosi alle elezioni comunali del paese, con
il desiderio di fare qualcosa per la comunità di Godrano, gli chiede consigli,
padre Puglisi non si tira indietro, ma
gli ricorda che tutto ciò che egli si propone di realizzare lo deve fare con
spirito di servizio e nel rispetto della dignità delle persone. Gli chiede
perciò di comportarsi senza ipocrisia e di cercare il vantaggio di tutto il
paese con senso di giustizia sociale. Solo in questo caso potrà contare sul suo
conforto morale e il suo sostegno paterno, niente più!
I giovani sono
sempre stati la passione di Padre Puglisi. Lo ricordo anche impegnato a
convincere le famiglie perché i ragazzi potessero andare in città a studiare
dopo la terza media. A lui tanti di noi dobbiamo il nostro futuro diverso.
Ricordo ancora la canonica a Godrano piena di libri, dalle enciclopedie per
ragazzi, ai libri di narrativa, ai libri di filosofia, ai libri di teologia, ai
libri di spiritualità, ai libri di psicologia, ai libri di pedagogia, sempre
disponibili al prestito: per noi, una vera biblioteca pubblica a nostra
disposizione. Non mi ha perciò sorpresa la dichiarazione con cui, dopo
l’uccisione di don Pino, il sostituto procuratore Matassa, entrato nella sua
casa di piazza A. Garibaldi a Palermo, ha espresso la propria meraviglia,
raccontando che lo avevano lasciato
senza parole la povertà del luogo e la grande quantità di libri, disseminati
ovunque e di qualsiasi genere, che erano l'unica ricchezza di quella
abitazione.
Altra
conquista molto importante è stata quella di riuscire a dialogare con la
comunità protestante esistente già da tempo a Godrano. Puglisi non ha nessun
timore a far diventare realtà la proposta conciliare dell'ecumenismo e vi
riesce in pieno. Comincia ad aprire il doposcuola a tutto il paese e non solo
ai parrocchiani, senza distinzione di appartenenze confessionali. Siamo tutti
figli dello stesso Dio!, soleva dire. Addirittura si cominciano a fare tra le
due comunità scambi di liturgie e di preghiere. Dopo tanta diffidenza,
finalmente si riusciva a pregare insieme! Don Pino ci chiedeva di guardare ciò
che ci univa e non ciò che ci divideva, anche perché in fondo in paese eravamo
tutti legati o da parentele o da amicizie, anche se appartenenti alle due
comunità.
Le celebrazioni all'aperto, in montagna, tra le rocce vive, furono uno dei "fili rossi" dell'esperienza sacerdotale di Padre Puglisi |
Godrano infine
ha dimostrato di avere capito la grandezza di questo prete, dimostrandogli la
grande generosità del paese in tante occasioni, sia nelle attività pastorali,
sia nei suoi bisogni personali. Alcuni esempi. Uno è la solidarietà
dimostratagli quando, a Brancaccio, gli rubarono la sua tanto cara 500 bianca:
nel giro di pochi giorni gli abitanti di Godrano, insieme ad alcuni cari amici
di Palermo, gli regalarono una macchina nuova. Un altro grande atto di
generosità – ancora precedente - è stata la raccolta per rendere agibile la
chiesa del paese, parecchio danneggiata e rimasta chiusa per tanto tempo.
Ricordo ancora le prime comunioni celebrate all'aperto, pregando che il buon
Dio facesse spuntare una splendida giornata di sole (puntualmente
accontentati). I lavori della riapertura della chiesa vennero completati poco
prima della notizia del suo trasferimento.
Padre Puglisi col cardinale Pappalardo: fu lui a richiamarlo a Palermo nel 1978 da Godrano per affidargli il Centro diocesano vocazioni |
Ricordo ancora
come la seppi, forse tra i primi, io, la cara Giù-Giù, così ero chiamata da
lui, naturalmente dopo un pranzo di patate alla Puglisi. Mi disse che ormai
aveva dato a Godrano tutto ciò che aveva potuto, ma ora il Signore lo chiamava
altrove e lui non poteva rifiutare, perché altri avevano bisogno di lui. Mi
promise che comunque non ci saremmo persi di vista, perché il nostro volerci
bene in Cristo era troppo grande e le nostre strade un giorno si sarebbero
incrociate.
Così è stato!
Io proseguii gli studi a Palermo, al liceo dove lui insegnava diventando sua
allieva. Non ci siamo più allontanati. Ricordo ancora la sua gioia quando gli
dissi di volermi iscrivere alla facoltà di teologia. Era tanto felice che mi
fece un regalo preziosissimo: il suo
Merk ( il Nuovo Testamento in greco) dono della sua mamma quando venne ordinato
suddiacono.
E' vero, il
contributo di don Pino Puglisi è stato fondamentale, in quegli otto anni a
Godrano, per la riconciliazione, il cammino di pace di tante famiglie. E' stato
capace di far cambiare mentalità ad un intero paese e se fosse rimasto ancora
un po' probabilmente Godrano sarebbe diventato irriconoscibile. Nella sua nuova
sistemazione a Palermo, portò via solo una grande quantità di scatoloni pieni
di libri e tanti ne lasciò perché continuassimo ad usarli. Sarebbe comunque
ritornato in paese dopo un po' di tempo, gli addii non gli piacevano per
niente.
I bambini e i
ragazzi di allora, oggi tutti adulti, lo abbiamo sempre nel cuore e sempre
ricordiamo la sua specialità cioè il sapere ascoltare. 3P ascoltava
all'infinito, senza fretta, senza interrompere e dimenticando tutto il resto.
Proverbiale è rimasto a Godrano il suo ritardo, sempre perdonato, perché
qualcuno aveva avuto bisogno di lui. Ricordiamo anche il suo sorriso, le sue
orecchie rosse dalla rabbia, le sue mani grandi
piene di geloni, forse regalo del freddo degli inverni passati a
Godrano. Ancora per noi padre Puglisi è il Prete a cui tutti oggi,
giornalmente, affidiamo le nostre angosce - ed anche adesso gli rivolgiamo il
nostro grande grazie!
Attendere con gioia senza paura
Padre Puglisi
arriva parroco a Brancaccio il 6 ottobre del 1990. Lo invia là il Cardinale Pappalardo che era
certo, dopo lunga ricerca, della risposta positiva di Puglisi. Comincia in
questa nuova parrocchia, come suo solito, con l'aspettare un attimo, vedere,
ascoltare, parlare con la gente. Voleva per prima cosa sapere di più sul quartiere,
che pure già conosceva, visto che lì era nato e cresciuto. Soprattutto gli
interessavano i suoi bisogni, partendo dalla condizione socio-ambientale. Per
prima cosa, perciò, organizza un censimento di questi bisogni, con la
collaborazione delle Assistenti sociali della scuola di Santa Silvia e col
prezioso aiuto di Agostina. Questo censimento si rivelò molto utile ma
anche molto disarmante. Il quadro che ne
venne fuori aiutò Puglisi a iniziare da zero, come a Godrano.
Anche qui
inizia con il cercare aiuto tra gli amici e, dopo quello prezioso delle
Assistenti sociali, arrivano quello dei ragazzi suoi ex allievi e quello dei
giovani della FUCI dei quali era in quel momento assistente spirituale e ai
quali propone di fare gli incontri a Brancaccio. Queste presenze saranno molto
importanti per iniziare a rompere la diffidenza degli abitanti del quartiere
verso chi arrivava da fuori.
Un'altra
analogia con Godrano è stata la lotta contro le processioni inutili e i
comitati delle feste patronali. Qui però il dolore di don Pino è ancora più
grande, perché lo spreco di denaro per la festa
è inconcepibile, paragonato alla povertà del quartiere e ai tanti
bisogni della gente.
Da questo
momento la parrocchia vorrà occuparsi solo di rispondere a questi bisogni. E'
questa sua preoccupazione, sostenuta dai risultati del censimento, che Puglisi
porta al Convegno della Chiesa Palermitana nel 1991. Nella sua relazione passa
in minuziosa rassegna tutti i problemi del quartiere, soprattutto la miseria,
la mafia, la desolazione civile e morale. Sempre lo stesso anno, in occasione
della visita pastorale del Cardinale Pappalardo alla parrocchia, la gente,
sostenuta dallo stesso Puglisi, fa conoscere la reale situazione: i bambini per
strada, i poveri, gli anziani, l'analfabetismo – dovuto anche alla mancanza di
una scuola media nel quartiere - e poi, non ultimo, il parroco da solo ad
affrontare tutti questi problemi.
A questa
solitudine don Pino cerca di rimediare chiedendo subito aiuto alle suore dei
poveri di Santa Caterina da Siena, da lui conosciute per un ritiro spirituale.
Avuta la loro risposta affermativa, per un immediato trasferimento di alcune di
loro occorreva trovare una sistemazione, in concreto una casa che accogliesse
sia le stesse suore, sia soprattutto i tanti bambini con i quali vuole iniziare
il suo lavoro. Viene a sapere di una casa in vendita proprio di fronte la
parrocchia, è molto grande ed ha anche un piccolo giardino all'interno, ottima
per le esigenze della parrocchia, ma tutta da sistemare e tanto cara da
acquistare. Puglisi decide di lanciarsi,
affidandosi alla Provvidenza. In questa occasione egli ricorda il passo di Lc
12, 22 ss: «Per questo io vi dico: Non preoccupatevi per la vita, di quello che
mangerete, né per il corpo, di quello che indosserete (…) guardate i corvi: non
tessono e non mietono, non hanno di dispensa né granaio, eppure Dio li nutre
(…) Non state in ansia…».
Il Cardinale
gli dà 30 milioni per il compromesso;
tutto il resto è da trovare. Chiede aiuto a tutti i suoi conoscenti vicini
e lontani, oltre che ai parrocchiani stessi, con una lettera aperta. Breve ma
incisivo invito, è un messaggio trasparente, dove spiega con assoluta chiarezza
il motivo dell'acquisto, il prezzo, indica ciò che ha già in denaro e ciò che
la Provvidenza dovrà permettere di raccogliere. Finalmente nell'ottobre 1991
sorge il “Centro di accoglienza Padre Nostro” -
così Puglisi ha voluto che si chiamasse la casa per i tanti bisogni di
Brancaccio. La finalità di questo Centro, per usare le sue parole, è di «educare al riconoscimento della dignità
dell'uomo che, elevato per grazia alla condizione di Figlio di Dio, è chiamato
alla libertà da ogni forma di schiavitù morale e di violenza sociale».
Il Centro
nasce dopo avere constatato i reali bisogni del territorio: emarginazione,
degrado ambientale e sociale, inadempienza scolastica, devianza minorile,
disoccupazione, povertà di valori. Verso questi bisogni si comincia a lavorare
con l'aiuto delle Sorelle dei poveri, che si pongono nel quartiere come un
segno dell'amore di Dio per la gente, portano Dio a questi nuovi fratelli,
vogliono farsi povere con i poveri.
Per
organizzare il Centro d'accoglienza Puglisi programma, con la collaborazione
degli operatori che coinvolge, un corso sul volontariato tenuto in parrocchia
dalle Assistenti sociali, da novembre ad aprile 1992. Questi incontri avevano
il compito di far comprendere il volontariato come “segno della carità
evangelica”. Don Pino diceva spesso, a questo proposito, citando la Prima
Lettera di San Giovanni: «Non si può amare Dio che non si vede, se non si ama
il fratello che si vede». E sottolineava
che «il volontariato deve essere un amare senza speranza di ritorno, senza
reciprocità, il volontario deve donare con umiltà, condividere in libertà e
servire gratuitamente».
Contemporaneamente
a questo corso il Centro avvia un corso di alfabetizzazione per ragazzi senza
licenza media. Questa attività, probabilmente, costituisce il primo vero
contatto con la gente del quartiere.
Illuminante
sull'attività finora svolta si rivela la relazione di Puglisi alla prima
Assemblea pastorale parrocchiale dove con questi suoi primi collaboratori ci si
confronta, si progetta, si ama allo stesso modo.
Nell'ottobre
in parrocchia si svolge un convegno di studio su “Parrocchia, Pastorale della carità e
territorio”, con il fine di promuovere,
preparare e formare il volontariato ed educare le coscienze al servizio
gratuito del prossimo. In questa occasione don Pino presenta la parrocchia di San
Gaetano come una realtà con molteplici povertà: sociali, educative, etiche.. e
così presenta il Centro di accoglienza Padre Nostro.
In questo
stesso periodo egli decide di fornire il suo sostegno al Comitato
Intercondominiale, formato da un gruppo di uomini di buona volontà,
rigorosamente apartitico, dove insieme a loro combatte per la dignità di quella
gente, per una vita civile. Prima di tutto avere una scuola media, un centro di
assistenza sociale, un campo di calcio per i ragazzi, un parco giochi per i
bambini, vigili di quartiere per il traffico; in tutte queste petizioni e nelle
richieste alle varie autorità competenti, si trova apposta la firma di padre
Puglisi.
Cartello di protesta a Brancaccio subito dopo l'omicidio di padre Puglisi |
In questo anno
1992, a marzo, un'altra attività
pastorale assume importanza fondamentale, cioè l'organizzazione e la realizzazione
delle missioni popolari. In questa occasione don Pino esorta i parrocchiani a
farsi seguaci di Cristo, invitandoli a
parteciparvi. Vengono fatti quattro incontri: il primo sul tema “Gesù e se
stesso”, e in esso si cerca di stimolare l'uomo a mettersi alla sequela di
Cristo; il secondo sul rapporto “Gesù e il Padre”, cercando di sollecitare il
desiderio di preghiera costante; il terzo incontro su “Gesù e gli altri
uomini”, cercando di sollecitare il cristiano a realizzare il suo progetto di
promozione e di liberazione di sé e degli altri uomini; il quarto, infine, è
centrato sull’interrogativo “Che cosa dobbiamo fare fratelli?”, per sollecitare
l'impegno personale e comunitario nella vita e nei servizi della comunità
parrocchiale.
Finalmente
sembra che tutto cominci ad andare per il verso giusto. Si organizza persino
una Scuola di Teologia di base per dare, a quanti lo desiderano, ma soprattutto
ai catechisti della parrocchia, una preparazione teologica oltre alla loro
tanta buona volontà.
Intanto si arriva
al maggio ’92, data tristemente famosa per l'uccisione del magistrato Falcone,
di sua moglie e degli uomini della scorta, e al luglio dello stesso anno, con
l'uccisione del magistrato Borsellino e degli uomini della sua scorta. Come
tutti padre Puglisi rimase scosso dalla notizia delle stragi, tante volte
citava l’impegno di questi due magistrati come punto di riferimento, nelle sue
lezioni al liceo, per parlare dell'importanza della legalità e dell’impegno
civile. A giugno portò i ragazzi di Brancaccio con un grande striscione
all'albero Falcone in via Notarbartolo. Dopo la morte di Borsellino parlò ai
suoi ragazzi della capacità di perdonare e capire che bisogna chiedere
giustizia e non vendetta.
Intanto, a
Brancaccio, vengono bruciate le porte d'ingresso delle abitazioni dei membri
del Comitato Intercondominiale, ai quali Puglisi offre il suo conforto e la
piena solidarietà della parrocchia. Inoltre, con i giovani del quartiere,
organizza una manifestazione dal titolo “Brancaccio per la vita” con varie
attività sportive in ricordo di Falcone e Borsellino, tutto organizzato dai
volontari. La manifestazione è un successo e finisce con una grande festa,
anche se non tutti nel quartiere vi partecipano...
In quegli
stessi giorni, stanco delle varie pressioni e minacce, dallo scantinato dove
celebra Messa - la chiesa era chiusa da qualche mese per infiltrazioni d’acqua
- , pronuncia una durissima omelia contro la mafia. E sollecita i componenti
dell'Intercondominio a scrivere una lettera
al Presidente della Repubblica. E' uno sfogo!
In seguito
alle tante azioni intimidatorie, si allontanò per qualche giorno, andando a
Godrano. Qui, chiacchierando con un amico che gli confida di essere, per dei
problemi personali, con le spalle al muro, gli risponde con una frase che
probabilmente allude anche alla situazione che lui stesso viveva in quel
momento: «Se non possiamo cambiare le cose, rimettiamoci al Padre Celeste e
attendiamo con gioia senza paura».
Forse in
questo periodo don Pino ebbe paura non per sé ma per coloro che lo aiutavano.
Appariva molto preoccupato per i suoi
collaboratori e tendeva ad allontanare da sé un po' tutti, soprattutto dopo il
tramonto.
Tutto appare
chiaro dopo il 15 settembre.
Volendo
mettere a confronto le due esperienze parrocchiali di padre Puglisi, possiamo
dire che l'esperienza di Godrano la fa da giovane prete, ma con idee pastorali
molto chiare. Per lui è fondamentale partire dal contatto con la gente per
arrivare all'evangelizzazione, faro del suo percorso. La sua giovane età, la
situazione sociale di un paese difficile, la diffidenza incontrata, forse all'inizio lo hanno un po' scoraggiato,
ma la sua grande fede e il desiderio di riscatto della comunità lo hanno
certamente aiutato.
A Brancaccio
invece arriva già molto più maturo, grazie alle tante esperienze nel frattempo
fatte. Importante è stato il contatto sempre vivo con i giovani, che gli hanno
dato la dimensione dei cambiamenti della storia moderna. Ma anche la sua
esperienza in seminario, quella del CDV sia diocesano che nazionale e la
consapevolezza della situazione difficile del quartiere lo fanno arrivare con
la stessa disponibilità, ma approccio diverso. Infatti inizia qui più
decisamente con l'analisi dei bisogni, senza dimenticare il punto d’arrivo,
cioè Cristo. Il suo essere sacerdote innamorato della sua scelta vocazionale
gli fa coniugare promozione umana e annuncio evangelico. Mai dimentica ciò che
gli sta più a cuore, cioè far camminare chiunque incontra sulla sua strada
secondo la propria scelta vocazionale, nel rispetto dei tempi e modalità di
ciascuno, facendolo sentire unico.
Questa sua
maturazione don Pino la dimostra anche nella scelta degli aiuti: a Godrano
chiama dei giovani esterni al paese, perché con loro possa cominciare il
riscatto di quelli locali; a Brancaccio, realtà più difficile e con bisogni
diversi, punta, oltre che sui giovani esterni, anche sull'aiuto delle suore, le
quali con semplicità, competenza e grande spiritualità arrivano al cuore della
gente, si fanno semplici e piccole con i bimbi, competenti e disponibili con
gli anziani, aperte all'ascolto dei bisogni con le mamme, riferimento per i
volontari.
Da entrambe le
esperienze di don Pino Puglisi emerge il Pastore che, conosciute le sue pecore,
di ognuna si prende cura fino al sacrificio supremo della propria vita, come il
Cristo che egli è stato capace di annunciare a tutti noi e di cui ci ha fatto
innamorare.
Giusy Caldarella, la piccola "Giu Giu" di Godrano, è poi diventata insegnante
di religione. Insieme con la sorella Lia e tutta la sua famiglia, a Godrano è stata tra le persone più vicine a padre Puglisi. Questo intervento è stato preparato per un convegno del 2010 al quale parteciparono anche don Carmelo Torcivia, Ina Siviglia e Giuseppe Savagnone.
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