venerdì 3 giugno 2016

L'ULTIMO SORRISO: IL NUOVO FILM SU PADRE PUGLISI

Paride Benassai nei panni di don Pino nella locandina del film

di Francesco Deliziosi

Un uomo sedotto dal Vangelo”, lo definisce l’arcivescovo di Palermo Corrado Lorefice. E, a sua volta, padre Pino Puglisi continua a sedurre con la grandezza della fede e la storia della sua irresistibile passione. Al lungo elenco di coloro che sono rimasti irretiti dalla sua vita e dalla sua morte si aggiungono ora gli autori del film documentario “L’ultimo sorriso”, appena uscito dalla sala montaggio. Una proiezione privata è stata organizzata mercoledì sera al cinema Politeama per presentarlo all’arcivescovo, ai fratelli del sacerdote, Gaetano e Francesco Puglisi, e ai loro familiari, presenti in sala il protagonista Paride Benassai, la giovane regista Rosalinda Ferrante e i collaboratori più stretti.
L’idea alla base della docu-fiction è quella di raccontare l’esistenza e il martirio di padre Puglisi, senza fermarsi soltanto ai tre anni trascorsi a Brancaccio come invece fanno le precedenti opere “Alla luce del sole” di Roberto Faenza e il film tv “Brancaccio” di Gianfranco Albano. Non solo: l’obiettivo è anche approfondire le motivazioni spirituali che guidano il sacerdote e lo portano a essere coerente con la sua missione fino alla morte, senza introdurre episodi di fantasia ma mantenendo la ricostruzione fedele ai fatti storici.

Un progetto ambizioso nato tre anni fa dalla mente di Sergio Quartana, che nella vita è un commissario dei vigili urbani di Palermo, ma da sempre è anche un vulcanico organizzatore di eventi nel mondo cattolico: “C’era tanta voglia – spiega - di trasmettere l’intera vita di padre Puglisi. Da lì è nato un grande viaggio che noi abbiamo compiuto tra mille difficoltà. Un viaggio fatto con il cuore, credendo in un Dio che ci ama sempre e nonostante i nostri limiti”. L’intera produzione è stata infatti finanziata attraverso sponsor privati, serate di beneficenza e sacrifici personali, con il supporto di una piccola casa (Cosmo Cinematografica). Tranne Benassai, il cast è composto tutto da attori non professionisti. Le riprese si sono svolte da aprile 2015 in poi tra Brancaccio, Godrano e altri “luoghi” di padre Puglisi. La toccante scena del funerale è girata nella chiesa di San Francesco d’Assisi.
Ne è venuto fuori un film di un’ora e cinque minuti basato su una serie di flashback: gli amici e i familiari si ritrovano intorno alla bara e ricordano vari episodi della vita di don Pino. Da quando, sedicenne e in calzoni corti, svela alla madre il suo desiderio di entrare in seminario. Per passare poi ai tempi duri di Godrano, un paesino scosso dall’odio e dal rancore per una faida. Dai campi scuola in montagna con i suoi ragazzi a vicende più intime, raccontate con tocco delicato, come quella della studentessa con manie suicide, salvata dal sacerdote. O le terribili storie delle ragazze madri che don Pino seguiva in una casa famiglia a Boccadifalco.
Le vicende di Brancaccio si inseriscono quindi con continuità in queste ricostruzioni e il film mostra la coerenza con cui il parroco prosegue nella sua instancabile opera educatrice dei giovani e nelle battaglie per la legalità che danno fastidio alla mafia. Le scene dell’omicidio e i funerali alla fine si intrecciano con le immagini reali delle esequie e della cerimonia per il riconoscimento del martirio (25 maggio 2013). In una appendice vengono anche mostrate le attività svolte oggi dalla parrocchia di San Gaetano e dal Centro Padre Nostro.
Lodevole la sceneggiatura (firmata da Quartana e dalla Ferrante, con il contributo di Teresa Gammauta per i monologhi) che ha recuperato le parole autentiche di don Pino tratte da sue lettere, registrazioni, interviste, compresa la famosa frase “E se ognuno fa qualcosa, allora insieme si può fare molto”, inserita nel giusto contesto del clima violento di Brancaccio. Minuziosa la ricostruzione dei particolari che si sofferma, per esempio, anche sulla suola bucata delle scarpe che aveva ai piedi il povero sacerdote quando viene ucciso.
E le più riuscite sono proprio le scene più difficili: l’omicidio sotto casa e i drammatici soccorsi in ospedale. Con una chicca: il vicino che sale sull’ambulanza con don Pino in agonia e gli tiene la mano è proprio la persona reale che si precipitò in strada per i primi soccorsi dopo lo sparo.
Bella la colonna sonora di Nicolò Renna eseguita dai Room Quartet, arricchita anche dalla canzone “Cose che vanno cambiando” di Giò Patania. Promosso a pieni voti Paride Benassai, somigliante negli umili panni di don Pino e credibile all’altare con i paramenti. Ha compiuto in questi tre anni una “immersione” totale nel personaggio, riuscendo a ricreare non solo il famoso sorriso ma anche l’incedere lento, ma alla fine efficacissimo, delle sue omelie e dei suoi discorsi. Una immedesimazione destinata a incidere, tanto che agli amici Benassai ha confidato il suo recente cammino di avvicinamento alla fede, maturato proprio durante la lavorazione del film. Apprezzamenti in sala per la sua interpretazione anche da parte dei fratelli di don Puglisi e di Lorefice. Quando le luci si riaccendono, si scoprono molti in lacrime, compresa la regista (e chi scrive).
Al netto delle forse inevitabili ingenuità di recitazione degli attori non professionisti, di alcune lungaggini nella prima parte e di un montaggio che poteva essere più asciutto e ritmato, “L’ultimo sorriso” è un film che darà il suo contributo a una migliore conoscenza di don Pino ed è adattissimo per proiezioni nelle scuole e in associazioni o comunità. Una copia è stata inviata all’organizzazione per chiedere l’ammissione all’imminente Festival di Taormina. Dopo questo passaggio si deciderà se il film andrà nelle sale o troverà posto in altri circuiti.

“Padre Puglisi – ha detto Lorefice a caldo, alla fine della proiezione – continua a seminare in mezzo a noi, continua a essere un frutto fecondo, una fonte di energia. Il suo cuore era davvero sedotto dal Signore e dal Vangelo: ciò emerge anche nel film che ha il merito di mostrare, in uno spaccato essenziale, l’intera vita del sacerdote. Infatti ciò che è successo a Brancaccio dal ’90 al 15 settembre del ’93, giorno dell’uccisione, risulta poco comprensibile senza allargare lo sguardo al don Pino degli altri periodi”. Un elogio per tutti gli autori: “Hanno osato ed è già un merito averci creduto senza possedere alle spalle i capitali necessari. E alla fine sono riusciti a ridarci lo spessore umano e spirituale di don Pino che ancora ci parla con forza attraverso gli anni”.
Giornale di Sicilia
3 giugno 2016

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