“Il primo martire di mafia. L'eredità di P. Pino Puglisi” è il nuovo libro scritto da Rosaria Cascio e Salvo Ognibene ed edito dalle Dehoniane di Bologna. Sarà presentato mercoledì 26 ottobre alle 18 alla libreria Paoline di Palermo. Ecco un articolo dei due autori.
di Rosaria Cascio e Salvo Ognibene
Non è stato il solo, P. Puglisi, ad
avere parlato di mafia a Brancaccio. Pochi anni prima di lui, nella
stessa Parrocchia, tra la stessa gente, lo aveva fatto Don Rosario
Giuè. Nel territorio di Brancaccio avevano già seminato bene le
scuole, un'altra parrocchia, S. Sergio Papa, guidata da P. Pietro
Leta, singoli cittadini che sulla propria pelle avevano sentito il
peso delle botte come Paolo Agnilleri. E tanti altri. Perchè
Brancaccio sapeva resistere alla mala pianta che portava in grembo,
perchè non tutti a Brancaccio sono mafiosi. Anzi. Quando Puglisi
arriva non parla a pochi ma a tantissimi ed a chi aspettava qualcuno
come lui per riaccendere la fiamma della speranza e riprendere a
lottare.
Ma non è solo di questo che parla “Il
primo martire di mafia. L'eredità di P. Pino Puglisi” scritto da
Rosaria Cascio e Salvo Ognibene ed edito dalle Dehoniane di Bologna.
Per la prima volta in modo così
esaustivo e documentato, il libro ci riporta alla sera del 15
settembre 1993, dentro il Bucchieri La Ferla, il pronto soccorso
palermitano in cui Puglisi fu portato. Da quella sera inizia un
racconto che ci porta dritti dritti sino ad oggi, passando per i
giorni successivi, le settimane successive. Gli anni.
Di Puglisi si è scritto tanto ed anche
Rosaria Cascio ha pubblicato un importante libro sul metodo educativo
e pastorale del suo amico sacerdote (P. Giuseppe Puglisi. Sì, ma
verso dove? - Il Pozzo di Giacobbe). Mancava, però, un'analisi
attenta e documentata non solo sui fatti successivi a quell'omicidio
ma, soprattutto, sul ruolo della Chiesa palermitana nella
prosecuzione delle attività iniziate ed egregiamente condotte dal
martire Puglisi. Che fine hanno fatto tutte le opere da lui iniziate?
Hanno avuto una prosecuzione oppure sono andate a rilento o,
addirittura, si sono fermate?
Per la prima volta in un libro viene
analizzato proprio questo aspetto che risulta tanto più interessante
quanto più si pensa che il 25 maggio 2013 P. Pino Puglisi è
diventato il primo Beato martire di mafia. Attraverso interviste ai
testimoni diretti, gli autori hanno ricostruito le storie di alcuni
di quelli che, nei primi anni 90, erano i bambini di 3P (Padre Pino
Puglisi), i destinatari della sua rivoluzione evangelica. Non tutti,
oggi, sono sulla retta via, diversi di loro sono in galera. E' la
storia, dunque, di una rivoluzione interrotta? Nella seconda parte
del libro, gli autori raccontano della possibilità di raccogliere la
sfida, partendo dall'esempio di Puglisi ed estendendolo a tutta
l'azione della Chiesa. Cosa succederebbe se venissero seguite
fedelmente le sue orme? La Chiesa è un tassello importantissimo nel
puzzle della lotta alla mafia. Insieme al fronte politico,
giudiziario, economico, culturale e sociale, l'azione religiosa delle
strutture ecclesiali potrebbe completare un modello di azione
congiunta che rappresenterebbe un passo in avanti significativo. Ma è
proprio a Chiesa che deve accelerare, che deve passare dalle parole
ai fatti. Già Salvo Ognibene, nel suo “L'eucaristia mafiosa. La
voce dei preti” edito dalla Navarra Editore, aveva raccontato di
una Chiesa di luci e di ombre, di don Abbondio e di preti coraggiosi
come Don Giacomo Panizza. Ed ecco, allora illustrati, in questo nuovo
libro, i “come” ed i “cosa” l’eredità di Padre Puglisi può
rappresentare proprio per quella svolta di cui stiamo parlando.
Allargando lo sguardo a tutte le mafie che insistono in Italia,
Puglisi viene rappresentato efficacemente come modello per i nuovi
sacerdoti ma anche come interprete ante litteram dell'esortazione di
Papa Francesco ad essere “pastori con l'odore delle pecore”. Una
Chiesa del coraggio, una Chiesa dell'esortazione, una Chiesa guida a
partire dal proprio esempio. Encicliche e Pastorali possono essere un
importante contributo alla creazione delle coscienze per la
promozione di una nuova teologia per la liberazione da tutte le
mafie. Gli esempi non mancano e non sono solo casi singoli di
sacerdoti o laici credenti che stanno conducendo importanti battaglie
per promuovere una rinnovata azione evangelica nei territori. Gli
autori hanno voluto dimostrare che c'è un'Italia che si muove e che
potrebbe diventare scuola per altre realtà regionali e cittadine.
Così viene raccontato in appendice “Il caso Emilia: buone
pratiche”. L'Emilia, una regione ricca ed apparentemente
disinteressata ai fenomeni criminali. Invece è proprio lì che si è
celebrato l'importante processo denominato “Aemilia” che ha messo
alla sbarra mafiosi e ndranghetisti di tutto rispetto. L'Emilia,
però, non si è lasciata intimidire ed ha saputo costruire percorsi
di cittadinanza attiva e di pedagogia civile coinvolgendo più di
icinquantamila giovani nelle scuole e centinaia di comunità locali.
Come dire, insomma, che cambiare si può. E Puglisi è, in questo, un
modello esemplare.
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