Una mostra su padre Puglisi ospitata in cattedrale a Palermo |
di Francesco Deliziosi
“Il matrimonio è un fatto di grazia,
di vocazione, un servizio e una missione nella Chiesa e nella
società. Sposarsi, e sposarsi in chiesa, ha dunque il senso che i
due sposi mettono a disposizione di Dio il loro amore, perché venga
trasformato in annunzio del suo amore per il mondo. Amandovi dite al
mondo che Dio c’è”: è una frase di padre Pino Puglisi
pronunciata durante l'omelia per il mio matrimonio. Era l'11 maggio
del 1990. Il primo ottobre di quell'anno iniziò la sua missione a
Brancaccio, conclusa con un colpo di pistola alla nuca, il 15
settembre del 1993. La mafia non aveva potuto tollerare la sua fede e
la sua predicazione: per questo è stato proclamato martire della
Chiesa cattolica il 25 maggio 2013.
Oggi, ripensando a quella frase, ci
ritrovo tutto il suo amore e la sua preoccupazione per la famiglia.
Proprio mentre le crisi matrimoniali si moltiplicavano, dagli anni
Settanta in poi, nella nostra società padre Pino sapeva parlare alle
coppie di pazienza, di gioia dell’incontro, di perdono. Un percorso
lungo quanto la sua vita. Quanti incontri con mariti e mogli anche
nell'ambito delle iniziative della Presenza del Vangelo (ricordiamo
l'esperienza dei cenacoli a Godrano, dove fu parroco dal '70 al '78).
Quanti momenti di riflessione, quante confessioni e dialoghi
personali con le coppie di cui aveva benedetto le nozze. Negli anni
Ottanta, su idea dell'amico preside, Antonio Raffaele, si formò
proprio un gruppo di amici, il cui matrimonio era stato officiato da
padre Puglisi: si riunivano tutti una mattina al mese per compiere un
cammino di crescita spirituale con il loro maestro.
Un altro aspetto che fa cogliere
l'importanza della famiglia nell'ispirazione del sacerdote fu la sua
vicinanza al movimento delle Equipes Notre Dame che, nato in Francia,
arrivò anche in Sicilia negli anni Ottanta. Su suo consiglio, io e
mia moglie siamo entrati nella equipe di Palermo 5. Lui stesso fu
consigliere spirituale in un'altra delle equipes palermitane, finché
i gravosi impegni al Centro diocesano vocazioni e infine l'incarico
di parroco a Brancaccio non glielo impedirono.
Una foto delle nozze dell'autore dell'articolo |
Io e mia moglie eravamo compagni di
classe: per noi padre Pino era all'inizio l'insegnante di religione,
divenne poi il nostro direttore spirituale e amico. La cosa più
naturale fu chiedergli di benedire le nostre nozze. E poi seguirlo a
Brancaccio per dargli una mano, pur non abitando nel quartiere.
Abbiamo così vissuto anche la terribile stagione delle minacce e
degli attentati, che si conclusero con l'omicidio di mafia.
Ripensare oggi al suo insegnamento è
come cercare le radici della sua fede e del suo coraggio che lo
spinsero a non cedere, a non scappare. Come il buon pastore, diede la
vita per difendere le sue pecore.
Prima potevamo andare a casa sua a
qualunque ora per chiedergli un consiglio o una confessione. In
quell'ultimo periodo, nel 1993, aveva invece vietato a tutti di
visitarlo nella sua abitazione. Preferì rimanere solo pur di non
mettere a rischio la vita di altri.
Qual è il senso del matrimonio? Padre
Pino ci spiegava: il nostro Dio non sa stare solo. Ci insegna, col
dono della creazione, che la vita diventa vera se vissuta con gli
altri e per gli altri. Adamo, creato da Dio simile a lui, è l’atto
più grande dell’amore di Dio. Adamo però ha bisogno di Eva. E
così due persone che si sposano devono tendere a sperimentare cosa
significa l’esigenza di essere due e nello stesso tempo una cosa
sola. Mantenere la propria identità eppure fondersi in una unità
nuova. Nella creazione Dio ci ha fatti uomini e donne, ma torneremo a
lui – che è l’Unità assoluta - nell’unità della coppia che
abbiamo formato come sposi attraverso il sacramento. Per questo il
matrimonio è una scelta che indirizza tutta la nostra esistenza;
come è la scelta della consacrazione a Dio da parte di una suora o
di un sacerdote.
Il matrimonio, spiegava padre Puglisi,
è una chiamata, una vocazione di apertura e di donazione totale di
sé all’altra persona. E oggi, di fronte alla crisi che vediamo
ogni giorno nella società, la coppia è in grado di annunciare se
non si chiude in se stessa, quasi per non lasciarsi contaminare, ma
si apre alla dimensione del mondo. Deve avere le porte che si aprono
verso l’interno (questa era proprio una metafora di 3P), per accogliere ed essere segno dell’amore di
Gesù.
La vita ci riserva momenti lieti e
tristi ma Dio non ci abbandona, non permette che affrontiamo prove
superiori alle nostre forze. Anche crisi ed eventi imperscrutabili,
che appaiono il trionfo del male, possono celare un seme di rinascita
e di salvezza.
Padre Puglisi è stato ucciso ma il suo sacrificio l’ha fatto conoscere in tutto il mondo ed è diventato un modello e un esempio di amore cristiano. Per questo vogliamo concludere con altre sue parole che oggi assumono un valore profetico sul cammino e sulla vocazione: “Nessuno di noi si può presentare come la perfetta realizzazione del progetto di Dio. Bisogna con umiltà accettare l’idea che il progetto su di noi ci sovrasta sempre ed è sempre avanti. E quindi il cammino, anche della coppia, è sempre evolutivo. Non siamo mai seduti, già arrivati al capolinea. Qualche volta il timore può venire proprio da questo, dalla non corrispondenza totale al progetto per la nostra inadeguatezza. Ma questo non deve spingerci al pessimismo, alla disperazione. Dobbiamo avere umiltà, coscienza di avere accolto l’invito. Presentare quanto abbiamo fatto e dire: Signore, era questo il progetto; io non ci sono riuscito in pieno, però ho tentato”.
Un'immagine della festa per la beatificazione, 25 maggio 2013 |
Padre Puglisi è stato ucciso ma il suo sacrificio l’ha fatto conoscere in tutto il mondo ed è diventato un modello e un esempio di amore cristiano. Per questo vogliamo concludere con altre sue parole che oggi assumono un valore profetico sul cammino e sulla vocazione: “Nessuno di noi si può presentare come la perfetta realizzazione del progetto di Dio. Bisogna con umiltà accettare l’idea che il progetto su di noi ci sovrasta sempre ed è sempre avanti. E quindi il cammino, anche della coppia, è sempre evolutivo. Non siamo mai seduti, già arrivati al capolinea. Qualche volta il timore può venire proprio da questo, dalla non corrispondenza totale al progetto per la nostra inadeguatezza. Ma questo non deve spingerci al pessimismo, alla disperazione. Dobbiamo avere umiltà, coscienza di avere accolto l’invito. Presentare quanto abbiamo fatto e dire: Signore, era questo il progetto; io non ci sono riuscito in pieno, però ho tentato”.
Ed ecco la conclusione, con le sue
parole: “Tutti quanti formiamo, come in un mosaico, l’unico volto
del Cristo. Pensiamo al grande ritratto di Gesù raffigurato nel
duomo di Monreale. Ciascuno di noi è come una tessera di questo
grande mosaico. Tutti quanti dobbiamo capire qual è il nostro posto
e dobbiamo aiutare gli altri a capire qual è il proprio, perché si
formi l’unico volto del Cristo.
Venti, sessanta, cento anni, la vita. A
che serve se sbagliamo direzione? Ciò che importa è incontrare
Cristo, vivere come lui, annunciare il suo amore che salva. Portare
speranza e non dimenticare che tutti, ciascuno al proprio posto,
anche pagando di persona, siamo i costruttori di un mondo nuovo».
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L'autore: Francesco Deliziosi,
caporedattore del Giornale di Sicilia, vive e lavora a Palermo.
Allievo di padre Puglisi al liceo, lo ha poi seguito durante il
periodo di Brancaccio conclusosi con l'omicidio. Ha fatto parte della
commissione diocesana per l'istruttoria della causa di
beatificazione, collaborando anche con il Postulatore. E' autore
della biografia “Pino Puglisi – il prete che fece tremare la
mafia con un sorriso” (Rizzoli). Testo richiesto per la pubblicazione sulla rivista di "Presenza del Vangelo".
Voce di profeta.
RispondiEliminaAlerio Montalbano
“Nessuno di noi si può presentare come la perfetta realizzazione del progetto di Dio. Bisogna con umiltà accettare l’idea che il progetto su di noi ci sovrasta sempre ed è sempre avanti. E quindi il cammino, anche della coppia, è sempre evolutivo. Non siamo mai seduti, già arrivati al capolinea. Qualche volta il timore può venire proprio da questo, dalla non corrispondenza totale al progetto per la nostra inadeguatezza. Ma questo non deve spingerci al pessimismo, alla disperazione. Dobbiamo avere umiltà, coscienza di avere accolto l’invito. Presentare quanto abbiamo fatto e dire: Signore, era questo il progetto; io non ci sono riuscito in pieno, però ho tentato” (Padre Puglisi)
RispondiEliminaGrazie sempre carissimo 3P... quanto bene fanno e potrebbero fare queste parole alle coppie ma anche ad ogni cristiano. Siamo sempre in cammino.
Enza Barbaccia
Bellissima la riflessione sul Progetto di Dio..! Grazie per averla condivisa..!
RispondiEliminaGiusy Cannella