giovedì 8 dicembre 2016

PADRE PUGLISI E PAPPALARDO: I RAPPORTI NEL PERIODO DI BRANCACCIO

Da sinistra il cardinale Pappalardo, padre Puglisi e un giovanissimo mons. Pippo Oliveri, di recente nominato vicario generale della diocesi di Palermo


di Francesco Deliziosi

Il 10 dicembre 2006 moriva a Baida a 88 anni il cardinale Salvatore Pappalardo: la Chiesa palermitana e la città lo ricordano in questi giorni con una serie di iniziative. Al presule è stato intitolato uno spazio verde a piazza Sett'Angeli (dietro l'abside della Cattedrale che ospita le sue spoglie). E proprio sabato 10 dicembre dalle 18 una solenne celebrazione eucaristica ricorderà il decennale della scomparsa e il primo anniversario dell'ordinazione episcopale dell'arcivescovo Corrado Lorefice. 


Il cardinale Salvatore Pappalardo e padre Pino Puglisi si erano conosciuti negli anni Settanta mentre il sacerdote era parroco a Godrano ma, contemporaneamente, seguiva la battaglia per i senzacasa del rione dello Scaricatore a Palermo. Padre Puglisi aveva coinvolto l'arcivescovo e Pappalardo aveva celebrato messa all'aperto nella bidonville di via Tiro a Segno (qui il post che racconta il caso), sostenendo la lotta per assegnare le case popolari a quelle famiglie di derelitti. 
Colpito dall'impegno del sacerdote e anche dalle sue attività per i giovani, tra 1977 e 1978 - per due volte - Pappalardo aveva chiesto esplicitamente a padre Puglisi di lasciare Godrano per occuparsi del Centro diocesano vocazioni: incarico che poi venne ricoperto da 3P lungo tutti gli anni Ottanta. Il suo lavoro fu talmente apprezzato che dal 1985 padre Puglisi divenne anche responsabile a livello regionale dei Centri vocazionali.

Il cardinale Pappalardo con padre Puglisi in una foto degli anni Ottanta quando era responsabile del Cdv


Nel 1990, dopo aver ottenuto una serie di dinieghi (altri sei sacerdoti rifiutarono l'incarico), Pappalardo chiese a Puglisi di lasciare il Cdv per andare alla parrocchia di San Gaetano a Brancaccio. Il sacerdote accettò a malincuore e confidò agli amici di averlo fatto "per obbedienza al suo vescovo, avendone compreso il momento di difficoltà" e che non avrebbe voluto lasciare il lavoro con i giovani del Centro vocazionale, centrale nel suo ministero sacerdotale. 
Ricevuto l'incarico dall'arcivescovo, agli inizi di ottobre del 1990 padre Puglisi si insediò a San Gaetano. Tre anni dopo, la sera del 15 settembre del 1993, Pappalardo fu tra i primi - visibilmente pallido e scosso - ad accorrere all'ospedale Buccheri La Ferla dove il sacerdote era deceduto, colpito a morte dai killer di Brancaccio. Lo shock era enorme: per la prima volta (almeno nel dopoguerra) la mafia aveva ucciso un sacerdote. 

Il cardinale Pappalardo durante i funerali di padre Pino Puglisi


Il 17 settembre Pappalardo ne celebrò i funerali in un piazzale dell'area industriale di Brancaccio, invitando tutti a scuotere le proprie coscienze, a non cedere alla violenza mafiosa, a "lavare nel sangue di padre Puglisi" le proprie incertezze. In quei giorni molti ricordano l'arcivescovo provato dal nuovo lutto dopo le stragi del '92 e dalla perdita del confratello che stimava e che aveva sacrificato la propria vita "per non venir meno al suo dovere di presbitero". Con i propri collaboratori il presule arrivò a interrogarsi in questo modo: si poteva fare di più per evitare un delitto del genere che aveva colto tutti di sorpresa, pure in Curia? Anche lo Stato, d'altronde, aveva sottovalutato clamorosamente quanto stava accadendo a Brancaccio. Dopo le minacce e gli attentati ai volontari dell'Intercondominio (che erano stati denunciati e di cui avevano parlato i giornali), non era stato preso nessun provvedimento di tutela.   
Alcuni osservatori (per esempio Pino Arlacchi) scrissero che l'arcivescovo nell'omelia dei funerali aveva assunto una posizione generica e sfocata e che il suo insistere sul fatto che Puglisi non fosse un "prete antimafia" finiva con l'indebolire il fronte antimafia. Altri (in quell'occasione e ripetutamente negli anni a seguire in libri e giornali) accusarono tout court: padre Puglisi era stato lasciato solo dalla Chiesa nella sua difficile missione a Brancaccio.
  
Un cartello di protesta esposto a Brancaccio dopo l'omicidio di padre Puglisi
Fin qui la cronaca di quei tragici momenti. Ma oggi - a distanza di tanto tempo e proprio mentre rendiamo omaggio alla memoria del cardinale - cosa possiamo dire dei rapporti tra Pappalardo e padre Puglisi durante il periodo di Brancaccio? Ci sono tracce di questo presunto isolamento? Il cardinale, dopo averlo nominato, fece quanto era in suo potere per sostenere la difficile azione del parroco?
Ecco quanto si può ricostruire con testimonianze e documenti finora inediti. In sintesi sono attestati diversi incontri personali tra Puglisi e il cardinale Pappalardo sia nella chiesa di San Gaetano che al Palazzo arcivescovile; ed esistono anche alcune lettere del parroco al suo arcivescovo da cui si evince un rapporto di stima e stretta collaborazione tra i due. In particolare il cardinale seguì da vicino la procedura di acquisto della palazzina che ospitò il Centro Padre Nostro, donando 30 milioni per il compromesso. Accolse con favore la richiesta di ospitare nel Centro le “Sorelle dei Poveri” guidate da suor Carolina e acconsentì alla nomina di Gregorio Porcaro come viceparroco a San Gaetano: fu una eccezione in considerazione del fatto che la diocesi comprende circa 170 parrocchie e molte non disponevano, già allora, di un sacerdote. Inoltre nell’estate del ’92, pur mantenendo Puglisi nell’incarico a Brancaccio, l’arcivescovo lo aveva anche nominato direttore spirituale del corso propedeutico al primo anno del seminario, a conferma della fiducia che riponeva nelle sue capacità di educatore. D'altronde - come già ricordato - per tutti gli anni Ottanta lo aveva nominato e mantenuto alla guida del Centro diocesano vocazioni.

Esaminiamo ora alcuni documenti su questo rapporto diretto, ma in premessa va sottolineato che i due comunque si incontrarono anche in diverse circostanze legate alla vita ecclesiale diocesana (le periodiche assemblee di clero, le occasioni durante l’anno liturgico, convegni etc.). Due fattori facilitavano gli incontri continui ed estemporanei tra parroco e arcivescovo e di cui non è rimasta traccia scritta: per tutto il periodo di Brancaccio padre Puglisi continuò a insegnare al liceo Vittorio Emanuele II che si trova a pochi passi dal Palazzo arcivescovile; inoltre in quel periodo segretario del Cardinale era mons. Carmelo Cuttitta (l’attuale vescovo di Ragusa), conosciuto da bambino a Godrano da don Puglisi e legato al sacerdote da un rapporto di profonda amicizia.

Un primo importante documento è la relazione che  Puglisi (insediatosi a ottobre del 1990) tenne in presenza dell’arcivescovo a Brancaccio nella chiesa di San Gaetano l’11 gennaio 1991 in occasione della sua visita pastorale straordinaria che si concluse con una concelebrazione eucaristica. Al termine della messa - ne sono testimone oculare - il Cardinale attese tutti i fedeli all’uscita e strinse la mano ad uno ad uno ai presenti come evidente segno di apprezzamento e sostegno. La relazione è il documento in cui il parroco, dopo aver passato in rassegna i mali del quartiere e le pochissime strutture esistenti, ammette che il primo obiettivo è “ricristianizzare e rievangelizzare quella porzione del Popolo di Dio”.
Qui vanno notati altri due aspetti: Puglisi parla in qualità di “parroco coordinatore” delle quattro parrocchie che insistono nella zona: oltre a San Gaetano, Maria SS.ma del Carmelo, Maria SS.ma delle Grazie, SS.mo Crocifisso. Nella relazione Puglisi fa un resoconto all’arcivescovo della situazione complessiva nella zona quasi del tutto priva di strutture e presenze ecclesiali. Quel che scrive è frutto di un’analisi delle assistenti sociali che operano a San Gaetano ma anche di suoi colloqui con gli altri tre sacerdoti (don Pietro Manno, don Carmelo Maratta, don Giuseppe Russo) e delle riunioni “dei quattro consigli pastorali parrocchiali e della riunione del gruppo di coordinamento del quartiere appositamente convocato”.
Va notato quindi che padre Puglisi certamente prima di quel gennaio 1991 aveva già avuto diversi contatti con l’arcivescovo sia per ricevere la nomina a “parroco coordinatore” delle quattro parrocchie (un incarico importante per l'ultimo arrivato) sia per organizzare la visita pastorale straordinaria. Inoltre Puglisi si muove sin dall’inizio all’interno della logica e della struttura ecclesiale e per questo primo approccio cita appunto le riunioni dei “consigli pastorali” delle quattro parrocchie, propedeutiche alla visita straordinaria dell’arcivescovo.
Il secondo aspetto è che la relazione stessa si apre con un significativo elogio di padre Puglisi per l’arcivescovo al quale “esterna i sentimenti più vivi e sinceri di gioia e di gratitudine per la Sua presenza in mezzo a noi. Per la Sua presenza non solo in questa giornata, ma di tutti questi venti anni, durante i quali si fa per noi Segno sacramentale della presenza di Cristo, Pastore e Guida della Chiesa che è in Palermo; e cioè a nome di Cristo ci illumina con la Parola, ci nutre con i sacramenti e ci guida con discrezione ma con coraggiosa e ferma chiarezza verso la comunione, coinvolgendo e responsabilizzando tutti: Presbiteri, Religiosi e Laici, perché la nostra Chiesa diventi in questa nostra società sempre più segno e strumento di unità, di pace, di amore”.

Un secondo documento è la lettera di padre Puglisi del 13 luglio 1991 all’arcivescovo in cui chiede un contributo per l’acquisto della palazzina che ospiterà il Centro Padre Nostro. Anche in questo caso alcuni riferimenti portano con certezza ad altri incontri precedenti: c’è una citazione di un “suggerimento” del cardinale Pappalardo che invitava a far arrivare nel quartiere una presenza religiosa per collaborare col parroco. Questa presenza era stata individuata da  Puglisi nelle Sorelle dei Poveri, conosciute a Livorno nel corso di alcuni esercizi spirituali che aveva tenuto per le suore. Di questa scelta aveva certamente informato il cardinale, che approvò. Nella lettera si legge infatti un secondo passaggio sulla necessità di ospitarle in un edificio: “Come Ella sa, siamo in cerca di una casa” per loro.
Un terzo riferimento concretissimo è nella minuta della lettera in cui si legge di “una promessa fattami personalmente (scil. dall’arcivescovo) la sera del 25 giugno scorso prima dell’inizio dell’Assemblea pastorale, alla presenza del vicario, mons. Gristina”.
La richiesta del contributo economico era stata quindi fatta personalmente da Puglisi al Cardinale il 25 giugno, durante un incontro in presenza del vicario ausiliare mons. Salvatore Gristina (oggi arcivescovo di Catania) e prima della periodica Assemblea pastorale del clero alla quale, come quasi sempre, aveva partecipato anche Puglisi. Pappalardo aveva evidentemente accolto la richiesta senza alcun dubbio, invitando il parroco soltanto a metterla per iscritto. Padre Puglisi scrive infatti la lettera in data 13 luglio ma è praticamente una formalità, tanto è vero che può immediatamente ricevere personalmente i 30 milioni dalla Curia (altro incontro) e il 16 luglio, appena tre giorni dopo la lettera, firma dal notaio il compromesso per l'acquisto della palazzina.

Per raccogliere i fondi necessari al completamento dell’acquisto, Puglisi organizza una lotteria con diecimila biglietti, regolarmente registrata all’Intendenza di Finanza: sugli incassi pagherà il 30 per cento di tasse (un’ulteriore dimostrazione al quartiere del rispetto della legalità). Il parroco scrive inoltre numerose lettere ad amici, personalità e comunità religiose per chiedere offerte. In tutte queste lettere c’è sempre il riferimento al cardinale Pappalardo, alla sua generosità e adesione al progetto. Per esempio, in una lettera del 4 ottobre 1991 al prefetto Mario Jovine, Puglisi cita i 30 milioni ricevuti dall’arcivescovo e scrive che in quel modo egli “ha mostrato il suo incoraggiamento e la sua approvazione in modo concreto”.
Il cardinale Pappalardo con Puglisi e Gregorio Porcaro

Va situato a giugno del 1992 un altro incontro personale tra Puglisi e l’arcivescovo in cui il parroco riceve la nomina a direttore spirituale del propedeutico del seminario che si doveva poi formalizzare dopo l’estate. Don Puglisi ne parla esplicitamente in parrocchia dicendo che era stata “l’unica volta nella sua vita in cui aveva accettato un incarico ponendo una condizione”. E questa condizione è l’arrivo a San Gaetano in autunno dell’allora diacono Gregorio Porcaro, conosciuto dal sacerdote quand’era ancora un ragazzo a Mondello. L’assegnazione fu poi confermata dopo l’ordinazione di Gregorio, avvenuta il 16 gennaio 1993 (certamente altra occasione di festoso incontro in Cattedrale tra parroco, viceparroco e arcivescovo).

Un altro incontro importante è datato 29 gennaio 1993, giorno dell’inaugurazione del Centro Padre Nostro. Partendo dagli iniziali 30 milioni donati dall’arcivescovo, padre Puglisi centrò in pochi mesi l’obiettivo (per la palazzina erano stati chiesti dai proprietari 190 milioni, aumentati a 290 dopo che il parroco aveva mostrato interessamento). Con la lotteria aveva incassato 44 milioni, oltre cento milioni erano arrivati da offerte di amici di Puglisi (esterni al quartiere), gli ultimi cento milioni con un mutuo stipulato in banca che il sacerdote si impegnava a pagare con lo stipendio di insegnante, insieme con alcune famiglie di volontari che promettevano di versare una piccola quota mensile per far fronte tutti insieme alla rata. Va notato, infine, che le offerte continuarono ad arrivare anche dopo l’inaugurazione, tanto che nel settembre 1993 padre Puglisi aveva già la somma necessaria per estinguere il mutuo, passo che fu fatto dai collaboratori in parrocchia pochi giorni dopo la sua morte.
Puglisi e Pappalardo concelebrano a Brancaccio

Non c’è da stupirsi che il giorno dell’inaugurazione il cardinale, a detta dei presenti, “quasi non credeva ai suoi occhi e sprizzava gioia da tutti i pori”. Esiste un breve verbale della cerimonia, firmato da una volontaria, Titti Nigrelli, in cui si legge che il cardinale tenne un discorso “di encomio e di incoraggiamento” per il parroco. Padre Puglisi nel suo intervento ringraziò “la Provvidenza per i doni elargiti e tutti coloro i quali si sono prodigati economicamente e con attività per la costituzione e il funzionamento del Centro”. Poi si rivolse al cardinale “sottolineando come il suo appoggio sia stato determinante per l’attuazione di questa prima risposta sociale nel quartiere”. Dopo la cerimonia si tenne una gioiosa concelebrazione eucaristica con Pappalardo nello scantinato della delegazione municipale che sostituiva in quel periodo la chiesa di San Gaetano inagibile per un crollo (esistono alcune immagini riprese da Tgs).

Un’ultima importante lettera di Puglisi all’arcivescovo (senza data ma risalente al giugno ’93) riguarda il tentativo di istituzione di una Confraternita a San Gaetano. Questa iniziativa non era ben vista dal parroco perché aveva riconosciuto tra i proponenti alcuni uomini che facevano parte di un sedicente “comitato di San Gaetano”. Costoro erano dediti all’organizzazione di concerti in piazza con fuochi pirotecnici che, come padre Puglisi aveva detto con franchezza già subito dopo il suo insediamento, “non avevano nulla a che fare con la religione” ma anzi configuravano uno spreco di denaro in un quartiere alla fame.
Lo scopo del parroco in quel frangente fu quindi di mostrare a questi uomini cosa sia per davvero una confraternita per valutare le loro reali intenzioni. Nella lettera all’arcivescovo si legge che durante una riunione Puglisi lesse “il regolamento per le confraternite laicali approvato da Vostra Eminenza il 22 novembre scorso”. E indicò chiaramente che l’obiettivo di una confraternita deve essere “poter seguire un cammino spirituale e mettersi al servizio della liturgia, non escludendo il servizio della parola e della carità” per promuovere “il culto rettamente inteso a San Gaetano”.
Dopo una serie di riunioni in cui padre Puglisi ribadì questi concetti, il parroco chiese un appuntamento all’arcivescovo per far udire a questi uomini, direttamente dalla voce del cardinale, cosa sia una Confraternita depurata da distorsioni e secondi fini. Puglisi e gli aspiranti confrati si recarono al Palazzo arcivescovile il 10 luglio 1993. Ma, dopo una lunga attesa, l'incontro fu brevissimo. L'arcivescovo doveva lasciare in auto la Curia per un altro impegno e non potè incontrare la delegazione.
Su questo episodio si è consumata una infuocata polemica. Per coloro che accusano la Chiesa (e Pappalardo) di avere isolato padre Puglisi, il mancato incontro è la dimostrazione di come l'azione del parroco non venne sostenuta adeguatamente, esponendolo alla vendetta mafiosa. 
In replica, il cardinale Pappalardo, parlando con i giornalisti e anche in altre sedi, sostenne più volte che nelle sue agende non c’era traccia di questo appuntamento, attribuendo l’errore a un disguido della sua segreteria. In ogni caso, uscendo dal suo ufficio in Curia per un impegno, secondo il suo racconto, “trovò il gruppo in attesa. Si trattenne brevemente, sottolineando i concetti cardine contenuti nel suo libretto di disposizioni per le confraternite, e li invitò a ritornare. Ma il gruppo non tornò”.
Perché non tornarono? Nel frattempo, a Brancaccio fu chiaro a tutti che la Confraternita non si sarebbe formata secondo le aspettative del “comitato per le feste” e i partecipanti alle riunioni cominciarono a diminuire, finché il progetto non fu accantonato. Non ci fu bisogno di un altro incontro perché nel frattempo, gettata la maschera, gli aspiranti confrati si erano dileguati rinunciando al loro ambiguo progetto. Una vittoria, quindi, per don Puglisi.
Questo episodio del mancato incontro al Palazzo arcivescovile è - come detto - l’unico che viene citato in alcuni articoli giornalistici come prova dell’isolamento di Puglisi e delle incomprensioni col cardinale.  A fronte di ciò, abbiamo invece citato i numerosi documenti esistenti che fanno emergere come padre Puglisi non avesse alcun problema a incontrare il suo arcivescovo in qualsiasi momento. Il sostegno di Pappalardo al parroco ci fu e fu continuo, sia dal punto di vista economico che soprattutto dal punto di vista ecclesiale e morale e ciò è testimoniato anche dalle visite personali del cardinale a Brancaccio. 
Quanto alla sottovalutazione, chi in quegli anni non commise questo peccato? Io e mia moglie abbiamo frequentato San Gaetano in quegli anni. Abbiamo vissuto da amici e da parrocchiani la stagione delle minacce e degli attentati contro padre Puglisi e i volontari dell'Intercondominio. Eppure ci aggrappavamo alla speranza che fosse impossibile arrivare a tanto. Lui stesso se ne usciva con questa battuta: "Non si è mai sentito che la mafia uccida i preti...!".
La sera del 15 settembre ricordo che telefonai a mia moglie dalla redazione del Giornale di Sicilia (dove avevo appena appreso la notizia del delitto) e scelsi proprio questa frase per cominciare quella drammatica conversazione: "Abbiamo sottovalutato le minacce a padre Puglisi...". 


Dieci anni fa morì il cardinale Salvatore Pappalardo, una grande voce profetica dei nostri tempi, il primo arcivescovo siciliano ad affrontare con forza la questione mafiosa dopo i silenzi degli anni '50 e '60. Ho sentito doveroso fare questa ricerca non per riaprire una vecchia polemica ma per chiarire il suo rapporto con padre Pino Puglisi e smentire una accusa che ingiustamente e ricorrentemente viene sollevata nei suoi confronti.

Pappalardo con Papa Giovanni Paolo II

2 commenti:

  1. Pappalardo, come ha detto il sindaco e l'Arcivescovo la sera dell'Immacolata, è stato un padre,un amico e,sopratutto,un punto di riferimento per la Città di Palermo e per l'intera Sicilia. Palermo era smarrita per le bombe e per la guerra tra mafiosi, per le bombe ai giudici Falcone e Borsellino. L'Uccisione di un sacerdote, Don Puglisi, per il card. Pappalardo fu il dolore più grande. Ma non si è perso d'animo .....Pappalardo, vorrei ricordarlo sopratutto per la sua paternità e per la sua fermezza.
    Francesco Di Pasquale

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  2. Il Cardinale Pappalardo un uomo e un pastore dal cuore grande.Dal cielo vegli sulla sua Chiesa Palermitana.
    Giovanni Ciravolo

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