"Trafitto con il Trafitto": così ha definito don Corrado Lorefice il Beato Giuseppe Puglisi, trafitto come Gesù sulla Croce. Guardando alla Croce, è possibile assumere diversi atteggiamenti: si può stare seduti, si può passare oltre, disprezzando, si può anche essere indifferenti; ma si può anche stare accanto, in piedi: “Stavano in piedi accanto (parà) alla Croce”. “Stare” è inoltre contrapposto a “cadere”, evocando così la capacità di resistenza. Questo è il messaggio offerto dall’Arcivescovo di Palermo durante le Celebrazione eucaristica nella Chiesa Cattedrale per fare memoria del martirio del Beato, presbitero della Chiesa palermitana, parroco di San Gaetano, nel quartiere di Brancaccio, ucciso dalla mafia la sera del 15 settembre del 1993. Con l’Arcivescovo e gli altri fedeli in cattedrale c'erano la comunità parrocchiale di San Gaetano con il parroco Don Maurizio Francoforte.
“In 1Cor 10, 12-13 – ha sottolineato l’Arcivescovo – l’immagine dello stare in piedi antitetico a cadere richiama proprio la resistenza nella prova. Nel contesto della crocifissione di Cristo, lo stare della madre, delle donne e del discepolo evoca dunque fedeltà nell’ora della prova, una fedeltà che si contrappone al venir meno, al cadere di tutti gli altri, a un’assenza che dice l’abbandono, il tradimento e il rinnegamento del Signore. Stare è un termine rivelativo. Gesù sta tra i crocifissi e i vinti della storia, per riscattare la loro storia condividendola nell’unica cifra di un amore fino a dare la vita. Lo stare dei discepoli accanto alla persona di Gesù – Maria qui è la Madre-discepola che segue il Figlio fino a stargli accanto presso la Croce – è espressione di fedeltà, manifestazione di una fedeltà che dice e genera comunione, non solo con Gesù, ma anche tra i discepoli: “stavano”; non si può stare nella solitudine, si può stare solo in comunione, c’è la condivisione nello stare. La condivisione ecclesiale, dei fratelli e delle sorelle che raduna la Croce gloriosa di Cristo. C’è uno “stare” che non si improvvisa, ma è frutto di una relazione, di una consuetudine, di un vissuto quotidiano che porta al frutto della stabilità, della fedeltà, della compartecipazione, della comunione.
Puglisi - ha osservato Lorefice - nasce e muore nel giorno in cui la Chiesa, dopo avere contemplato il 14 settembre la Croce gloriosa del Cristo umiliato e trafitto, il 15 settembre si ferma e ammira la madre: stabat Mater dolorosa iuxta crucem. Puglisi rinasce alla vita eterna presso la Croce, anche lui trafitto con il Trafitto del Golgota, l’Amore crocifisso. Con lui si rinvigorisce la Chiesa dei discepoli che fino in fondo stanno presso la Croce del Signore e Maestro. Che conoscono il Signore. Che lo riconoscono e lo amano nei fratelli. Che si collocano presso le croci delle donne e degli uomini loro compagni di vita, portandone le stimmate, le ferite, nella loro carne. Questa data, insieme a quella del 21 ottobre, memoria liturgica del Beato Pino, deve segnare sempre più la coscienza della nostra Chiesa locale. Ci deve portare a continuare il suo solco, facendo nelle nostre comunità le sue stesse scelte, nella pastorale di ogni giorno: il primato del Vangelo sulle nostre labbra perché meditato nel cuore, la parresia evangelica nelle nostre scelte sempre più prossime alle reali esigenze dei nostri territori parrocchiali, delle case della nostra gente, dei nostri quartieri. Senza mai tentennare e senza lasciarsi tentare dagli orpelli del potere e della menzogna delle collusioni. Il processo sinodale che avvieremo nella nostra Chiesa locale possa aiutarci a fare scelte comunitarie che possano tradurre nell’oggi le scelte pastorali che Don Pino ha condiviso con le sue comunità e i suoi collaboratori nei vari ambiti del suo impegno ecclesiale”.
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