di Rosalia Gigliano
lalucedimaria.it
Era “il parrino che dava fastidio”: così la criminalità lo definiva e, allo stesso tempo, aveva già deciso di condannarlo a morte. Lui, don Giuseppe Puglisi: quello che salvava i bambini dalle grinfie della mafia, quello che contrastava chi voleva ridurre il quartiere Brancaccio, nella sua Palermo, a un covo di criminalità, quello che ha donato la sua vita sapendo che nulla di tutto ciò che aveva fatto era stato vano.
Don Pino è, per la chiesa, un martire. Ma è anche un uomo che ha dato voce a chi voce non l’aveva. E questo è stato, fra l’altro, uno degli insegnamenti più grandi che ha lasciato a tutti i suoi ragazzi e giovani. La sua voce continua a scorrere, non solo a Palermo, ma in tutti coloro che, ogni giorno lo invocano e chiedono la sua protezione.
Non solo di coloro che hanno vissuto con don Pino, ma anche di tutti quelli che hanno fatto delle sue parole e dei suoi insegnamenti una sorta di regola di vita. La testimonianza che stiamo per raccontarvi è quella di Francesco Deliziosi, che è stato studente di don Pino Puglisi.
Capiva il carisma dei ragazzi e li aiutava a realizzarlo
“Padre Pino Puglisi era come un missionario. Era andato a Brancaccio per portare il Vangelo. I mafiosi non l’hanno riconosciuto come un sacerdote che campa e fa campare, hanno capito che, invece, era davvero pericoloso e per questo lo hanno ucciso” – con queste parole, Francesco inizia il suo viaggio – racconto in memoria di questo sacerdote martire.
L’attenzione di Francesco si pone, in particolare, sulla testimonianza data da don Pino su cosa fosse, per lui, il Vangelo: “Non era un libro da tenere nel cassetto per don Pino […] era la fonte della sua energia”. E i ragazzi, in particolare i suoi studenti del Ginnasio, questo l’avevano capito. Il sacerdote insegnava religione e Francesco l’ha conosciuto quando aveva 14 anni.
Don Pino aveva un solo scopo per tuti i ragazzi che incontrava, alunni e non: invitarli ad uscire dall’indifferenza e dall’apatia che li circondava, perchè ognuno aveva una vocazione nella vita. Ognuno sentiva dentro di se di saper e voler fare qualcosa. Francesco racconta, anche, che Don Pino riuscì a individuare il suo carisma di giornalista e lo invitò a farlo con rettitudine, “sentendo il dovere di un mestiere che non è come gli altri”.
Aiutava a scoprire il proprio talento
Cercava di aiutare i ragazzi a capire cosa era più giusto e necessario per loro, insegnando loro a vivere, non solo in funzione della realizzazione di loro stessi e delle proprie ambizioni (che, di certo, anche quelle sono importanti), ma anche con lo sguardo rivolto verso gli altri.
Quegli altri, specie quelli che avevano bisogno, che molto spesso non avevano nessuno con cui parlare, se non la malavita che, invece, tappava loro la voce. Don Pino era proprio a queste persone che dava voce: il suo sguardo, il suo esserci, il suo dare ascolto. Questo è ciò che dava fastidio…ma con il quale è riuscito a salvare molte vite.
I giovani guardavano a Don Pino come esempio
Un sacerdote che ha aiutato tanti ragazzi a trovare la propria vocazione. Ma c’è un qualcosa che, in pochi, conoscono di don Pino. Il suo aver salvato, come raccontano anche testimonianze raccolte, tanti ragazzi e ragazze dal suicidio, soprattutto come conseguenza della depressione: “Don Pino li ha salvati, li ha ascoltati, li ha accolti attraverso un percorso di vita spirituale. Questi erano i miracoli di Padre Puglisi” – spiega.
Raccontare, raccogliere i suoi scritti per darne testimonianza a tutti coloro che sarebbero venuti poi, non solo per ricordare chi era don Pino. Questo è quello che Francesco, con il suo lavoro di giornalista, ha fatto, cominciando già a raccogliere testimonianze e scritti subito dopo la morte del sacerdote.
Da lì ne è nato un libro: "Pino Puglisi, il prete che fece tremare la mafia con un sorriso" (Rizzoli, prefazione di don Luigi Ciotti, il ricavato va in beneficenza).
Il sacerdote del sorriso
Il sorriso: sì, quella era l’unica arma di don Pino davanti a tanta crudeltà: “Il Vangelo di Gesù veniva pienamente, da lui, rappresentato in questo sorriso”. Quel sorriso che, anche stando al racconto del medico legale che effettuò l’autopsia sul corpo di don Pino, si è sempre ricomposto. Un sorriso che è rimasto sempre, e che dal suo volto mai iù è sparito.
Perché don Pino fu ucciso? “Lo fecero tacere perché strappava i bambini dalla strada con la sua voce sacerdotale che dava fastidio. Perché portava gli adulti al centro “Padre Nostro” (quello da lui fondato a Brancaccio, ndr), perché sottraeva anche il consenso alla mafia” – conclude.
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