domenica 1 settembre 2024

Livatino e Puglisi: l'omaggio al Meeting di Rimini


Mafia e incompatibilità con il Vangelo: se ne è discusso anche al Meeting di Rimini 2024, ricordando l'esempio dei beati Rosario Livatino e don Pino Puglisi. Ecco un articolo sul tema e la manifestazione del professor Nicola Filippone 


Nicola Filippone

"Se non siamo alla ricerca dell’essenziale, allora cosa cerchiamo?": è stato il tema su cui si sono confrontati quest’anno gli ospiti del meeting di Rimini, la kermesse che dal 1980 Comunione e liberazione organizza alla fine del mese di agosto. L’assise ha avuto inizio con un messaggio inviato dal presidente Sergio Mattarella, che ha sottolineato l’importanza di «rimettere al centro la persona, il desiderio di vita e di pienezza, nella relazione con la comunità». 

Il pomeriggio di domenica 25 agosto, è intervenuta Lia Sava, procuratore generale di Palermo, che ha sviluppato una relazione molto interessante e attuale dal titolo: «Dagli uomini d’onore agli uomini d’amore». L’alto magistrato, prima donna a ricoprire quest’ufficio a Palermo, che non ha mai nascosto la sua fede cattolica, ha esordito parlando dell’importanza dello Stato laico e di come tale concetto abbia avuto la sua genesi nei vangeli sinottici, dove Gesù invita a dare a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio. Il senso della pericope, ha spiegato la Sava, non consiste in una deresponsabilizzazione dei cristiani di fronte alla cosa pubblica, ma nel rendere possibile un cammino di santità attraverso il rispetto delle leggi. A tal proposito cita don Bosco, per il quale non si può essere buoni cristiani se non si è anche onesti cittadini. E pure Rosario Livatino, che prevedeva il giudizio finale basato non solo sull’essere stati credenti, ma credibili, ossia coerenti con il credo professato e con le regole vigenti. 

Oggi altre e nuove sono le sfide che i cattolici sono chiamati a sostenere, soprattutto coloro che ricoprono ruoli istituzionali, ad esempio l’accoglienza degli altri, compresi coloro che professano religioni diverse o provengono da terre lontane. Nel prosieguo del suo intervento, il procuratore generale ha parlato della sua esperienza, mettendo in luce i percorsi di redenzione avviati da alcuni collaboratori di giustizia, che «avvertono nel profondo un bisogno di spiritualità al quale ancorarsi per fare ammenda del male causato […] e hanno sentito il bisogno di compiere azioni positive nei confronti del prossimo come, ad esempio, prendersi cura dei bisognosi».

 Da questa capacità di rispondere col bene a «tutto il male che ci circonda», ha concluso  Sava, dipende la speranza di migliorare il mondo e di vivere autenticamente come uomini d’amore. 

Alle parole del procuratore generale di Palermo hanno fatto eco quelle di  Domenico Airoma, procuratore della Repubblica di Avellino e vicepresidente del Centro Studi Livatino; di Valerio Montalbano, figlio di Giuseppe, il medico di Camporeale, fatto uccidere da Giovanni Brusca; di Domenico Pace, detenuto del carcere di Sulmona; di Paolo Tosoni, avvocato penalista; di Fabio Pinelli, vicepresidente del Consiglio superiore della Magistratura; di Salvo Taormina responsabile della Redazione Culturale del meeting. 

La conversione degli uomini d’onore in uomini d’amore è stato uno degli obiettivi di Pino Puglisi, che a Godrano era riuscito a far riconciliare la madre di una vittima di mafia con quella del suo assassino. Lo sforzo pastorale compiuto da 3P ha contribuito in maniera decisiva ad una rivisitazione radicale della religiosità di Cosa nostra, mettendo a nudo le incongruenze di chi  per decenni ha presunto di potere associare la fede cristiana alla sua attività mafiosa e criminale. La beatificazione del parroco di Brancaccio ha prodotto disorientamento tra i boss, alcuni dei quali hanno così compreso la propria incompatibilità con la Chiesa. 

Matteo Messina Denaro, proprio il 25 maggio 2013, scriveva che «il rapporto con Dio è personale, non vuole intermediari». Parole che sembrano respingere la scomunica prevista per i mafiosi, rivendicando il diritto ad una fede da vivere al di fuori della comunità ecclesiale. In un altro passo egli però riconosce che ci fu un tempo in cui aveva fede e che si è ormai convinto che dopo la vita c’è il nulla, recidendo in tal modo ogni legame tra la religione e la mafia e riportando quest’ultima alla sua vera natura, totalmente avulsa da contesti e fini spirituali. Sarà interessante capire se queste dichiarazioni esprimono un pensiero soggettivo o preludono ad una sorta di secolarizzazione di Cosa nostra, cui non potrebbe che seguire una sua significativa metamorfosi culturale. 

Nicola Filippone



Giornale di Sicilia 1 settembre 2024

Nessun commento:

Posta un commento